Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983. Il sito web di Sergio Ferraris, giornalista scientifico.
Clima ed energia: Trump all'attacco
Che la presidenza di Donald Trump non sarebbe stata una passeggiata per l'ambiente è cosa che negli ambienti politici esteri era abbastanza scontata, mentre da noi abbiamo assistito a una serie di posizioni più possibiliste circa il fatto che il presidente degli Stati Uniti eletto non avrebbe potuto "esagerare" visto il ruolo che andrà a ricoprire. Le prime indicazioni che arrivano dal "transition team" che traghetterà la presidenza degli Stati Uniti da quella Obama a quella Trump smentiscono però questo ottimismo.
Sono due i nomi proposti che danno delle indicazioni chiare circa le intenzioni di Trump. La prima è quella della nomina di Scott Pruitt alla guida dell'Epa l'agenzia federale per l'Ambiente. Pruitt ha affermato di recente che gli scienziati non sarebbero d'accordo sia sui livelli del riscaldamento globale, sia sulla sua origine antropica, smentendo così, con due battute il 99% della comunità scientifica internazionale. Ma non c'è solo il clima nel mirino, ma l'agenzia stessa che Pruitt dovrebbe dirigere. Fedele alla sua promessa di depotenziare se non chiudere l'Epa, infatti, Donald Trump con la nomina di Pruitt al vertice dell'agenzia sembra voler tenere fede a ciò che ha detto in campagna elettorale. Pruitt, infatti, quando era procuratore generale dell’Oklahoma ha messo in piedi un'azione legale di 28 stati contro le politiche in materia ambientale dell’amministrazione di Barack Obama che aveva come bersaglio esattamente l'Epa. L'ex procuratore, quindi, passa dall'opposizione alla direzione di un ente chiave per l'energia e l'ambiente negli Stati Uniti con uno scopo nemmeno tanto velato che ha attraversato in maniera trasversale proposte politiche di Trump in campagna elettorale: chiudere con la stagione delle riforme ambientali. E poi c'è la nomina al potentissimo ruolo di Segretario di Stato di Rex Tillerson, CEO di ExxonMobil.
«Come capo del Dipartimento di Stato, Tillerson avrebbe la capacità di plasmare la politica estera per arricchire se stesso e Exxon a scapito delle persone e dell'ambiente. - ha detto a caldo il presidente di Amici della Terra, Erich Pica - Tillerson e Exxon hanno una lunga storia circa il finanziamento del negazionismo climatico e causando catastrofi ambientali come quello del naufragio della Exxon Valdez.Di recente Tillerson ha continuato a finanziare cinicamente la negazione del clima e usando la sua organizzazione commerciale l'American Petroleum Institute per minare l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili».
Tillerson per esempio ha grandi interessi nella revoca delle sanzioni alla Russia poiché queste hanno di fatto bloccato i progetti di ExxonMobil nell'Artico russo e l'imponente progetto d'esportazione del gas naturale che vale 27 miliardi di dollari e il cui finanziamento da parte della Export-Import Bank è stato sospeso proprio a causa delle sanzioni. E Tillerson, se nominato, avrà in mano tutta la politica estera degli Stati Uniti.
Quindi su progetti transfrontalieri come l' oleodotto Keystone XL, che Trump vuole approvare, oppure la trivellazione petrolifera dell'Artico in Alaska, dove serve confrontarsi con organismi internazionali come il Consiglio artico, Tillerson avrà un ruolo determinante.
Stesso discorso quello sui sussidi alle fonti fossili, argomento sul quale l'amministrazione Obama ha giocato un ruolo di leadership per l'eliminazione graduale di questi sussidi fin dal 2009. Tillerson potrebbe fare marcia indietro su questi impegni, visto che ExxonMobil e altre società fossili ricevono comunque oltre dieci miliardi di dollari in sussidi ogni anno, da parte del governo degli Stati Uniti. La Export-Import Bank ha già fornito un sussidio di tre miliardi di dollari per un controverso progetto sul gas naturale liquefatto in Papua Nuova Guinea. E la compagnia beneficiaria del sussidio è, indovinate un poco, proprio ExxonMobil.
E un'altra criticità evidente è rappresentata dal fatto che Trump, Tillerson e Pruitt avranno gioco facile sul fronte ambientale visto che buona parte delle iniziative di Obama sono provvedimenti presidenziali o amministrativi, e non leggi, tutti atti che si possono cancellare con poco, come il Clean power Plan che vuole tagliare le emissioni delle centrali elettriche del 32% in 25 anni e che è già oggetto di ricorsi che ne hanno sospeso l'operatività.
Il tutto mentre sullo sfondo c'è la sempre maggiore tensione con la Repubblica Popolare Cinese, con la quale Obama aveva siglato un importante accordo sul clima e sulle rinnovabili e l'accordo di Parigi, che gli Usa possono anche non disdettare, visto che il documento firmato a Parigi non prevede sanzioni. Basta non attuarlo.