Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983. Il sito web di Sergio Ferraris, giornalista scientifico.
Attacco al clima
Parigi addio. È questo il senso dell'ordine esecutivo di Donald Trump firmato il 28 marzo 2017, con il quale il presidente degli Stati Uniti rivede tutte le misure chiave del suo predecessore Barack Obama sul clima, il cosiddetto "Clean Power Plan" che ha imposto, fra le altre restrizioni, una riduzione delle emissioni di CO2 alle centrali a carbone. E Trump, in difficoltà su altri fronti come l'immigrazione e la sanità ha scelto di fare le cose in grande.
«Si tratta dell'inizio di una nuova era nella produzione di energia in America. - ha detto in un breve discorso nella sede dell'Agenzia Federale per la Protezione dell'Ambiente, l'Epa - E così si pone fine alla guerra contro il carbone». Un discorso nel quale Trump non ha mai citato i cambiamenti climatici e che si è svolto davanti a una delegazione di minatori del carbone. «Vi ringrazio per i tempi duri che avete vissuti, ma da oggi creiamo nuovi posti di lavoro grazie alle energie fossili. - ha rimarcato Trump - è una nuova rivoluzione energetica».
Si tratta di una mossa politica a basso costo per Trump che ha chiamato, non a caso l'ordine esecutivo "Energy Independence Order". Lavoro, indipendenza e assenza dei riferimenti ai cambiamenti climatici sono il terreno su cui sta lavorando l'esecutivo di Trump per evitare il ripetersi di flop politici come quelli sull'immigrazione e sanità. Ed ha buone possibilità di riuscirci. Già Obama, infatti aveva dovuto blindare i provvedimenti sul clima usando lo stesso strumento degli ordini esecutivi utilizzando l'Epa che ora è saldamente in mano a un climascettico di prima categoria come Scott Pruitt. E l'accordo di Parigi per gli Usa, in pratica non esiste più. Il Clean Power Plan che prevedeva l'abbattimento delle emissioni da parte della produzione elettrica non esiste più e anche solo senza questo strumento è impossibile rispettare gli obiettivi sottoscritti a Parigi, la cui violazione non è sanzionabile. Oltre a ciò con il via ai contestati oleodotti Keystone XL e Dakota Access, l'abolizione del divieto di trivellazioni nelle zone costiere, del divieto di attività minerarie sui terreni pubblici e l'allentamento sulle emissioni degli oleodotti, Trump da slancio all'industria fossile come nemmeno aveva fatto il suo predecessore George W. Bush.
Nel frattempo le associazioni ambientaliste sono scese sul piede di guerra. Sierra Club, la più grande associazione ambientalista degli Stati Uniti prova a scendere sullo stesso piano di Trump pubblicando una ricerca dalla quale si evince che le rinnovabili, nella creazione di posti di lavoro vincono 2,5 a 1 contro le fossili e 5 a 1 contro il carbone, a parità di potenza installata.
Ma sarà dura. Trump, infatti sta giocando anche sull'informazione. Già da tempo la scredita pubblicamente in modo da creare un atteggiamento ostile verso i media e ora arriva la censura verso gli scienziati che studiano i cambiamenti climatici. È dal giorno dell'insediamento di Trump denuncia al Guardian Victoria Herrmann direttore dell'Arctic Institute che dai siti stanno sparendo link e contenuti e citazioni circa le ricerche sull'Artico. L'allarme era già stato dato subito dopo le elezioni presidenziali da parte della comunità scientifica americana che aveva lanciato un appello al download di dati e pagine web ambientali e sul clima per "salvarli".
A livello internazionale c'è da sperare che altre nazioni non allentino la presa sugli accordi di Parigi, Cina, India, Canada e Australia in testa, mentre l'Europa sembra stare alla finestra con degli obiettivi al 2030 a dir poco modesti. Ed è un passo falso per il Vecchio Continente, visto che l'Europa potrebbe sostituire gli Stati Uniti nel rapporto sulle tecnologie pulite con la Cina. E avremmo tutto da guadagnarci.