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La distruzione degli ecosistemi facilita la diffusione di virus

La scienza sono anni che mette in guardia dai pericoli derivanti dal sovrasfruttamento delle risorse. WWF: strettissimo legame tra perdita biodiversità ed emergenza virus

L’Italia attraversa uno dei periodi più difficili della sua storia. L’emergenza dettata dal Sars-Cov-2, il virus appartenente alla numerosa famiglia dei Coronavirus e che causa la malattia Covid-19, sta modificando in modo pesante le abitudini quotidiane delle persone. Ma cosa ha innescato la diffusione del virus? Una domanda che può sembrare improvvisata, magari nata sulla scia degli ultimi avvenimenti ma che, invece, interroga la comunità scientifica da diversi anni. La quale ha fornito la sua risposta: la diffusione di questi patogeni è strettamente legata alla distruzione degli ecosistemi.
L’ultimo lavoro del WWF Italia dal titolo “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi” mette insieme proprio i diversi studi che nel corso del tempo hanno dimostrato questa tesi. Prima ancora del Sars-Cov-2, infatti, altre epidemie sono dipese dalla difficile relazione uomo -natura, basti pensare che sia la comparsa di Ebola e Sars, sia quella ancor più drammatica in termini di perdita di vite, l’Aids, sono da imputare al fenomeno definito dalla scienza “spillover”. Il termine descrive il salto di specie che un virus compie attraverso il passaggio da animale a uomo.
“L’uomo con le proprie attività ha alterato in maniera significativa i tre quarti delle terre emerse e i due terzi degli oceani, modificando a tal punto il Pianeta da determinare la nascita di una nuova epoca denominata antropocene”, si legge nello studio, le pandemie a cui assistiamo non sono dunque delle tragedie generate casualmente ma rappresentano “la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi naturali”.
Il rapporto descrive come tutte le ultime epidemie si siano diffuse più o meno nello stesso modo. Si parte da mercati asiatici o africani dove vengono venduti animali selvatici vivi (come scimmie, pipistrelli, rettili, mammiferi e uccelli) e dove spesso si praticano anche attività illecite. Un luogo ideale, quindi, per l’effetto spillover di cui si parlava in precedenza. Processo visto già diverse volte in passato, basti pensare che un virus, forse originatosi nei pipistrelli, nel 2012 si adattò ai dromedari e successivamente alle persone causando nella penisola arabica l’epidemia di Mers. Un po’ come avvenuto per il Sars-Cov-2 dato che, al momento, l’ipotesi più accreditata è che sia stato passato all’uomo da un pipistrello presente nel mercato di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei.

“Il passaggio di patogeni (come i virus) da animali selvatici all’uomo è facilitato dalla progressiva distruzione e modificazione degli ecosistemi dovuta alla penetrazione dell’uomo nelle ultime aree incontaminate del Pianeta”, fa presente l’associazione ambientalista, “queste malattie emergenti possono avere un costo drammatico in termini di vite umane e forti impatti socio-economici”.
Tra le azioni capaci di compromettere maggiormente il delicato equilibrio naturale presente tra virus e umanità, troviamo la distruzione dell’ecosistema forestale. Le foreste vengono definite come “il nostro antivirus naturale”, coprono il 31% delle terre emerse e rappresentano un rifugio per l’80% della biodiversità planetaria ma, si stima, che all’inizio della rivoluzione agricola vi fossero sulla Terra circa 6mila miliardi di alberi, mentre oggi ne restano circa 3mila miliardi. La perdita dell’ecosistema forestale è legata alla diffusione “di almeno la metà delle zoonosi emergenti. La distruzione delle foreste può quindi esporre l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie selvatiche che li ospitano. Nelle foreste incontaminate dell’Africa occidentale, per esempio, vivono alcuni pipistrelli portatori del virus Ebola”. Senza dimenticare che anche l’Aids, malattia che ancora non conosce cura (vaccino), ha origine nel passaggio scimpanzé-uomo.

La situazione che stiamo vivendo è stata più volte anticipata dalla comunità scientifica che, ora, chiede a gran voce il ripensamento di determinati comportamenti per non rischiare di rivivere in futuro una tragedia ancor maggiore. Nello studio viene infatti menzionata l’ipotesi di “big one”: la diffusione di un virus capace di decimare l’intera popolazione mondiale. Per evitare scenari davvero apocalittici “tutto passa anche attraverso la ricostruzione di quello che abbiamo distrutto, rimettendo insieme i pezzi degli unici sistemi in grado di proteggerci da epidemie e catastrofi: gli ecosistemi naturali”, sostiene infine il WWF.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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