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Solo il 3% del Pianeta è ecologicamente intatto

Possiamo ripristinare il 20% della superficie terrestre, ma bisogna reinserire le specie “cacciate” dall’uomo

Solo il 3% del Pianeta è in questo momento “ecologicamente intatto”, e cioè con popolazioni animali e vegetali in salute, indisturbate dall’uomo, che dispongono di habitat non degradati. Si tratta di piccoli pezzi di natura selvaggia che non sono stati danneggiati dalle attività umane, che si trovano principalmente in alcune zone della foresta amazzonica, nel Congo, nelle foreste e nella tundra siberiana, nel Canada settentrionale e nel Sahara.
È la conclusione a cui è giunto lo studio “Where Might We Find Ecologically Intact Communities?”, reso notto il 15 aprile. I ricercatori si attendevano che anche altre aree del mondo fossero ancora incontaminate, come alcune parti dell’Australia, tuttavia soprattutto a causa delle specie aliene invasive, anche questo continente risulta priva di aree vergini.
La ricerca ribalta la tesi sostenuta da altri lavori sull’argomento fatti negli ultimi anni che, in sostanza, analizzando le immagini satellitari sostenevano che ancora tra il 20% e il 40% della superficie terrestre fosse sotto una “bassa influenza” dell’attività umana.
Invece, con questo nuovo studio, gli scienziati sostengono che le foreste, la savana e la tundra possono apparire intatte dall'alto ma che, a una più approfondita analisi, risulta che in determinati ecosistemi manchino alcune specie definite “vitali”. Gli elefanti, per esempio, diffondono semi e creano importanti radure nelle foreste, mentre i lupi possono controllare popolazioni di cervi e alci. Specie che oggi, come ricorda la lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, sono a rischio estinzione.
"Gran parte di ciò che consideriamo un habitat intatto manca in realtà di specie che sono state ‘cacciate’ dalle persone, o perse a causa di specie aliene e malattie invasive - ha dichiarato Andrew Plumptre, l'autore principale dello studio -. Un elemento abbastanza spaventoso, perché mostra quanto siano unici luoghi come il Serengeti (nell’Africa orientale), tra i pochi luoghi veramente intatti. Siamo nel decennio di ripristino dell'ecosistema delle Nazioni Unite, ma ci stiamo concentrando troppo sugli habitat degradati, dobbiamo invece agire anche sul ripristino di alcune specie fondamentali per garantire la qualità degli ecosistemi”.
La nuova valutazione combina mappe del danno che l’attività antropica ha arrecato agli habitat naturali con mappe che mostrano dove gli animali sono scomparsi dalle loro “zone d’origine”. La ricerca, infine, suggerisce che potrebbe essere possibile aumentare l'area della superficie terrestre intatta fino al 20%. Per farlo, però, occorre reintrodurre le specie che sono andate perse nelle aree proprio dove oggi l'impatto umano risulta essere moderato.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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