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Inquinamento e virus, c’è una relazione? Da Pulvirus la risposta

Pulvirus è il progetto nato con lo scopo di dare una risposta scientificamente fondata sulla possibile relazione tra inquinamento e pandemia da COVID-19

Se esista o meno una relazione tra livelli di inquinamento e diffusione dell’epidemia è ancora da chiarire. Il dibattito si è fatto sempre più acceso e ha visto, da un lato, la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) che ha sostenuto la tesi secondo cui il particolato atmosferico (PM10) avrebbe facilitato la propagazione del virus e, dall’altro, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ha chiesto massima cautela poiché i dati non sono ancora sufficienti per trarre delle conclusioni. “La complessità del fenomeno, insieme alla parziale conoscenza di alcuni fattori che possono giocare o aver giocato un ruolo nella trasmissione e diffusione del virus - hanno precisato Maria Eleonora Soggiu e Gaetano Settimo del Dipartimento Ambiente e Salute dell'ISS - rendono al momento molto incerta una valutazione di associazione diretta tra elevati livelli di inquinamento atmosferico e la diffusione dell'epidemia COVID-19".

Ad oggi, infatti, non è stato ancora pubblicato nessuno studio scientifico che abbia confermato la relazione tra i due fenomeni. Per dare una risposta concreta, dalla collaborazione tra l’ENEA, l’ISS e il Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA), è nato PULVIRUS, un progetto ambizioso che si è promesso di analizzare, secondo un rigoroso approccio scientifico, la possibile relazione causa-effetto tra i livelli di inquinanti e lo sviluppo dell’epidemia.

“Questo progetto - ha dichiarato a Ricicla TV Gabriele Zanini del Dipartimento Sostenibilità dell’ENEA - è mosso dall’esigenza di comprendere se il particolato possa esser stato un carrier, ovvero se abbia veicolato direttamente il virus, e si sia comportato da boost cioè da impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia. Il progetto - ha continuato Zanini - prevede delle analisi sulle reti nazionali esistenti di misura dell’inquinamento, applicazioni modellistiche, simulazioni della possibilità di adesione del virus al PM nonché analisi sui campioni esistenti. Speriamo - ha concluso - di ottenere i primi risultati stabili tra qualche mese”.

Insomma, bisognerà attendere ancora un po’ per avere una risposta empiricamente fondata, nel frattempo, l’unica certezza circa le relazioni tra epidemia ed inquinamento è che la prima ha indotto, a causa del lockdown, una riduzione senza precedenti nelle emissioni inquinanti a livello globale. Secondo uno studio del Royal Netherlands Meteorological Institute, capitali europee come Madrid e Roma, ad esempio, hanno registrato una riduzione superiore al 45% nelle emissioni di biossido di azoto mentre la capitale francese addirittura del 54%. Per quanto riguarda invece le emissioni di anidride carbonica, si stima che queste potrebbero scendere del 7% a causa del blocco forzato delle attività. In particolare, come ha reso noto una ricerca guidata dall’Università britannica dell’East Anglia con quella di Stanford e il Center for International Climate research di Oslo (Cicero), la riduzione delle emissioni di carbonio ha interessato per il 43% il settore dei trasporti, per il 10% quello dell’aviazione e per un altro 43% circa i settori dell’energia elettrica e dell’industria insieme.

Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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