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L'uomo ha accelerato il salto di specie di un virus

L’attività antropica ha modificato numero e abbondanza di specie che si trovano a vivere sempre più a contatto con l’uomo aumentando il rischio spillover

La pandemia che sta confinando mezzo pianeta tra le mura domestiche deve essere l’occasione per ripensare a determinati comportamenti che possono essere causa di presenti e future emergenze legate alla diffusioni di nuovi patogeni. La comunità scientifica ci aveva avvertito sullo stretto legame virus-sovrasfruttamento delle risorse ma non l’abbiamo ascoltata: dove abbiamo sbagliato, e quali sono i fattori che incidono sulla strada che porta alla pandemia?
Sono diversi gli studi che arrivano dal mondo scientifico che ci mettono in guardia sugli errori compiuti, per cercare di non ripeterli. Va in questa direzione la ricerca pubblicata l’8 aprile dalla rivista scientifica “The royal society pubblishing” dal titolo “Global shifts in mammalian population trends reveal key predictors of virus spillover risk”.
Lo studio evidenzia l’impatto umano sulle popolazioni animali e sottolinea il rischio “spillover”. L’attività antropica innesca una serie di processi che favoriscono il salto di specie animale-uomo compiuto da un virus, definito appunto spillover. Una volta presente nel paziente zero, il virus viene trasferito al resto della popolazione attraverso un altro processo che la comunità scientifica definisce “zoonosi”, sempre più frequente, basti pensare che circa il 60% delle malattie infettive umane sono malattie “zoonotiche”.
Il continuo sfruttamento del mondo naturale attraverso la caccia, il commercio delle specie selvatiche (spesso illecito), il degrado dell’habitat e il progressivo consumo di suolo dettato dal processo di urbanizzazione che sta investendo il mondo intero, ha relegato la popolazione animale in zone sempre più ristrette, costringendola a una convivenza forzata, che incentiva lo spillover.
"Con la riduzione dell'habitat naturale, la fauna selvatica entra in stretto contatto con le persone - ha affermato l'epidemiologo Christine Johnson dell'Università della California Davis a Newsweek, tra gli autori dello studio -. La presenza della fauna selvatica nei territori viene così modificata, costretta ad adattarsi alle attività antropogeniche e alla modifica del paesaggio naturale. Questo fattore accelera l'emergere di nuove malattie e ci mette a rischio pandemie”.
Nel secolo scorso le malattie zoonotiche hanno preso sempre più piede, i risultati dello studio suggeriscono che grossa parte del problema si deve all’abbondanza di mammiferi e al rapporto che l’uomo ha con essi. Per questo motivo “non sorprende che gli animali addomesticati, come il bestiame”, si legge nello studio, “condividano il maggior numero di virus con i proprietari umani. Circa otto volte di più rispetto alle specie selvatiche”. Riguardo a queste ultime, però, è stato osservato che quelle che si sono adattate a vivere in ambienti dominati dall’uomo, come pipistrelli, roditori e i primati (per esempio tarsi, lemuri e scimmie) condividono un numero sempre maggiore di virus con l’uomo. "Pian piano facciamo luce sui diversi modelli di virus zoonotici, aumenta il sospetto che lo spillover patogeno spesso passi inosservato. Solo una parte degli eventi di spillover che si trasformano poi in focolai vengono rilevati".
Mentre l’attività umana nel corso degli anni ha ridotto la diversità degli animali sul Pianeta, alcune specie capaci di adattarsi hanno anche aumentato la propria popolazione, caso esemplare è dato dai topi. “Non vogliamo più assistere a pandemie di questa portata - ha infine detto Johnson -. Dobbiamo capire come vivere in sicurezza con queste specie, dato che i virus che possono trasferire all’uomo sono davvero tanti”.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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