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Clima: tutti gli indicatori nel 2020 sono peggiorati

Il cambiamento climatico continua la sua inarrestabile marcia. Sarà fondamentale investire anche in adattamento

Nel 2020 le concentrazioni di CO2 in atmosfera sono aumentate, l’oceano continua a inacidirsi, ci sono state 30 grandi tempeste nel Nord Atlantico, e crescono nel numero e nell’intensità gli eventi estremi.
È in sostanza quanto emerge dall’ultimo rapporto del World Meteorological Organization (WMO) delle Nazioni Unite che, nei primi giorni di aprile, ha rilasciato il suo “State of the Global Climate 2020”. La pandemia non ha dunque influito in modo “positivo” su nessun aspetto che tocca da vicino, e da lontano, il cambiamento climatico e, anzi, ogni elemento analizzato dallo studio ha confermato una situazione che continua a peggiorare e a destare sempre maggiore preoccupazione.
In occasione della presentazione del rapporto, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato: “Il clima sta cambiando e gli impatti sono già troppo costosi per le persone e per il Pianeta. Questo è l'anno dell'azione. I Paesi devono impegnarsi a ridurre le emissioni nette entro il 2050. Devono presentare, ben prima della Cop 26 di Glasgow, ambiziosi piani nazionali sul clima che taglieranno collettivamente le emissioni globali del 45% rispetto ai livelli del 2010 ed entro il 2030. E devono agire ora per proteggere le persone dagli effetti disastrosi della crisi climatica”.

Secondo lo studio la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, che fornisce il polso della situazione in relazione alle emissioni climalteranti prodotte dall’uomo, potrebbe superare già nel 2021 le 414 ppm (parti per milione) e, va ricordato, per sperare di limitare l’aumento medio della temperatura globale entro i 2°C (obiettivo dell’Accordo di Parigi) bisogna restare al di sotto di 450 ppm. L’oceano, che fino a ora ha assorbito circa il 23% delle emissioni di CO2, proprio per questo motivo si “acidifica” sempre più, facendo pian piano venire meno la sua capacità di stoccaggio del carbonio. Per quanto riguarda la criosfera, e cioè la parte del Pianeta perennemente gelata, il lavoro sostiene che dalla metà degli anni '80 le temperature dell'aria superficiale artica si sono riscaldate almeno due volte più velocemente della media globale. Questo sta provocando una continua perdita di massa ghiacciata in diverse zone della Groenlandia e dell’Artico.
“Sono passati 28 anni da quando il Wmo ha pubblicato il primo rapporto sullo stato del clima nel 1993 - ha affermato il Segretario generale del Wmo, Petteri Taalas -. Tutti i principali indicatori climatici e le informazioni sull'impatto associate fornite in questo rapporto evidenziano un cambiamento climatico inarrestabile e continuo, un aumento e un'intensificazione di eventi estremi e gravi perdite e danni che colpiscono persone, società ed economie”.
Tra gli altri elementi oggetto di analisi del WMO troviamo: le forti piogge capaci di provocare inondazioni che solo nel 2020 hanno interessato parte dell'Africa, dell'Asia, del Sahel e del Grande Corno d'Africa, innescando nelle ultime due un'epidemia di locuste del deserto che ha messo a rischio la sicurezza alimentare; e le ondate di calore che sono state registrate un po’ in tutto il mondo, basti pensare che in Siberia le temperature nel 2020 sono state di oltre 3°C sopra la media globale, che negli Stati Uniti si sono verificati i più grandi incendi della (loro) storia, che l’Australia ha battuto il record di temperatura con il 48,9°C rilevato a Penrith, vicino Sidney, e che l’Europa ha sperimentato siccità peggiori degli ultimi anni.
Infine, Taalas ha ricordato come sarà centrale nei prossimi anni anche investire nelle operazioni di adattamento al clima che cambia: “La tendenza negativa del clima continuerà per i prossimi decenni indipendentemente dal nostro successo nella mitigazione. È quindi importante investire nell'adattamento. Uno dei modi più potenti per adattarsi è investire in servizi di allerta precoce e reti di osservazione meteorologica. Diversi Paesi meno sviluppati hanno grandi lacune nei loro sistemi di osservazione e mancano di servizi meteorologici, climatici e idrici all'avanguardia".

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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