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Trivelle: Trump a favore, il Belize contro

Il Paese del Centro America salva la più grande barriera corallina dell’emisfero boreale, a dispetto di Trump

Due importanti notizie sul fronte ambientale ci arrivano in questo inizio di 2018 dall’altro lato dell’Atlantico. Una riguarda la decisione di Trump, ostinato a voler continuare il suo piano di smantellamento di quelle poche norme messe difficilmente in piedi dal suo predecessore. L’altra riguarda l’adozione di una legge da parte del piccolo Paese del Centro America del Belize. Coincidenza o meno, tutte e due fanno riferimento alle trivellazioni offshore (in mare).

Trump apre alle trivellazioni nei mari USA ma deve fare retromarcia sulla Florida
Richiesto da Trump pochi mesi dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, il Dipartimento degli Interni Usa ha reso noto il piano delle trivellazioni offshore per i prossimi 5 anni
Un piano di ricerca e perforazione così non si era mai visto di fronte alle coste americane: 19 concessioni al largo dell’Alaska, 7 nel Pacifico, 12 nel Golfo del Messico e 9 nella regione atlantica. In totale, circa il 90% delle acque federali USA viene messo a disposizione delle compagnie petrolifere.
Il piano va a sostituire quello voluto da Obama che, dopo aver accolto gli appelli delle associazioni e delle comunità costiere, aveva deciso nel novembre 2016 (uno dei suoi ultimi atti da Presidente) di istituire l’Outer Continental Shelf Lands Act per proteggere zone marine dell’Atlantico e dell’Artico dal pericolo trivelle.
Scontata e dura la risposta delle associazioni ambientaliste USA. Come quella di Rhea Suh del Natural Resources Defense Council che parla di un “piano arretrato che mette prima di tutto i profitti del petrolio e del gas e colloca le nostre comunità costiere e tutto il loro sostentamento a rischio di un prossimo disastro stile BP (fa riferimento al mega disastro della British Petroleum capitato nel golfo del Messico nell’aprile del 2010)”, e quella del direttore esecutivo di Sierra Club (la più grande associazione ambientalista degli Stati Uniti), Michael Brune che accusa Trump di “svendere le nostre comunità costiere, le nostre acque e il nostro clima per compiacere le multinazionali inquinatrici. Milioni di americani hanno alzato la voce per inviare un messaggio, forte e chiaro, che non vogliono trivellazioni al largo delle nostre coste, ma piuttosto che ascoltare le persone per le quali dovrebbero lavorare, Trump e Zinke (segretario agli Interni) stanno ascoltando l’industria che ha finanziato le loro campagne elettorali e ha occupato la loro amministrazione”.
Ma non solo gli ambientalisti sembrano essere in disaccordo con il Presidente a stelle e strisce. Perché a poche ore dall’annuncio, Trump ha dovuto rinunciare alle estrazioni di petrolio e gas lungo l’intera costa della Florida. Per via delle pressioni arrivate dal governatore Rick Scott che, pur essendo un repubblicano – ricordiamo che la Florida è stata decisiva per la vittoria elettorale del tycoon – è stato tra i primi a protestare sulla misura a favore dei petrolieri e a danno di chi, come il suo Stato, punta molto sul turismo.
Ad annunciare il dietrofront è stato proprio Zinke (citato sopra da Michael Brune) che ha fatto riferimento a paure legate ad un possibile danneggiamento della coste della Florida da parte di una “marea nera”.

Il Belize diventa leader della lotta alle trivelle
Forse perché spaventato da questa nuova era della perforazione (anche se va detto che l’impegno su questa legge era stato preso già nell’agosto dello scorso anno), in Belize è entrata in vigore una legge definita “storica” dal WWF.
Per la prima volta, infatti, un Paese in via di sviluppo decide di fare un passo indietro sui “profitti facili” da combustibili fossili e uno in avanti a difesa degli oceani. La legge in questione mette fine alla ricerca e all’estrazione di idrocarburi a largo delle coste del Belize.
«Questo importante atto è la conseguenza delle pressioni nazionali e internazionali finalizzate a preservare il fragile ecosistema della barriera corallina – sottolinea il WWF -  Questo impegno, portato avanti dal Primo Ministro, Dean Barrow, si è concretizzato dopo mesi di proteste e pressioni da parte del Wwf, di Oceana e della Belize Coalition to Save Our Natural Heritage che hanno comportato la sospensione dell’attività di prospezione petrolifera nei pressi della barriera corallina».
Nel giugno del 2017 il WWF, per mettere in guardia il Paese dai pericoli, aveva dimostrato in uno studio come la barriera corallina del Paese (la più grande dell’emisfero boreale) fosse minacciata dalle attività umane di perforazione e di come queste incidessero pure sul turismo e la pesca, fonti primarie per l’economia locale. Studio che si è dimostrato, a dir poco, convincente. 

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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