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Noccioli di oliva per un’edilizia sostenibile

Una recente ricerca spagnola ha dimostrato che i noccioli di oliva possono essere utilizzati per realizzare malte pregiate

La Spagna, paese leader nella produzione di olio di oliva, accumula ogni anno 37.500 tonnellate di noccioli, per molto tempo considerati dei semplici rifiuti da smaltire. Uno studio dell’Università Politecnica di Madrid getta però una nuova luce su questi scarti della produzione olivicola e la possibilità di considerarli una risorsa per l’edilizia si concretizza. L’idea nasce dall’esigenza di sperimentare nuovi aggregati leggeri per la realizzazione di malte e calcestruzzo, diversi dall’argilla espansa comunemente utilizzata nel settore. Quest’ultima, sebbene rappresenti un prodotto del tutto naturale, richiede dei processi di estrazione onerosi e con impatti ambientali tutt’altro che trascurabili. 

Nei laboratori dell’università spagnola, è stata condotta, in primo luogo, una caratterizzazione fisica dei noccioli di oliva, sui quali sono state effettuate analisi della densità, morfologiche e termo-gravimetriche. I noccioli oggetto della sperimentazione sono stati raggruppati in tre differenti categorie: interi, triturati e calcinati. Per tutte e tre le tipologie sono stati realizzati dei campioni di malta e ne è stata testata l’efficacia. «Né i noccioli interi né quelli triturati hanno dato risultati confacenti con gli obiettivi della ricerca - conclude il team guidato da Mercedes Del Rioa differenza di quanto si è osservato per i noccioli calcinati la cui eccellente qualità ne permette l’utilizzo per la produzione di malte leggere per rivestimento».

I noccioli calcinati presentano, difatti, una granulometria uniforme ed un’elevata porosità, caratteristiche che li rendono idonei per sostituire l’argilla espansa nella produzione di malte. Con l’impiego di un microscopio elettronico a scansione è stata confermata l’ottima adesione fisica tra il preparato ottenuto dai noccioli di oliva calcinati e la malta. Non solo, se si aggiunge un plastificante allo scopo di migliorare la lavorabilità e la consistenza del prodotto, si ottiene una malta con una resistenza alla compressione del 20% migliore di quella registrata nelle comuni preparazioni con argilla espansa. In definitiva, sempre rispetto alla consueta produzione di malte, anche la densità che ne risulta è inferiore del 30% così come è inferiore il fabbisogno energetico richiesto dall’innovativo processo. Alla luce dell’enorme domanda mondiale di malte nell’edilizia, degli impatti ambientali dell’estrazione dell’argilla espansa e della crescente necessità di dar vita ad un’architettura realmente sostenibile, i risultati della ricerca confermano, ancora una volta, che gli scarti delle grandi produzioni sono e devono essere considerati una risorsa e non l’ennesimo rifiuto delle attività umane.

Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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