Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.
Clima e mammiferi: effetti più diffusi di quello che si crede
Arriva una nuova ricerca sulle specie selvatiche a rischio per via degli impatti generati dai cambiamenti climatici. I risultati dello studio vogliono dimostrare gli effetti immediati del riscaldamento globale per sensibilizzare quelle persone ancora scettiche sull’argomento a causa di una “limitata diffusione su larga scala di informazioni”.
Il report coordinato dall’italiana Michela Pacifici, che insieme ai suoi ricercatori fa parte del Global Mammal Assessment dell’Università La Sapienza di Roma, ha messo insieme i risultati emersi da altri 130 studi che avevano la finalità di analizzare come il cambiamento climatico incida sulle condizione di vita di uccelli e mammiferi.
Il puzzle venuto fuori dall’assemblaggio dei pezzi è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature, sezione Climate Change.
In sostanza, quasi 700 specie stanno già subendo in modo netto i colpi inflitti dall’aumento delle temperature e, per molte di queste, è già scattato il rischio estinzione.
Il team di ricercatori ritiene che la distribuzione e l’abbondanza della popolazione nel 47% delle 873 specie di mammiferi terrestri e nel 23% delle 1272 specie di uccelli analizzate siano già state influenzate dagli effetti del global warming: “Una situazione che i responsabili della conservazione ambientale, i pianificatori ambientali e i policy maker dovrebbero tenere a mente per le misure a tutela del futuro della biodiversità”.
Uno dei dati che il report sottolinea, perché significativamente importante, è l’accelerazione che l’attività antropica ha imposto (e sta imponendo) alla crescita delle temperature. Negli ultimi 50 anni il tasso di riscaldamento è aumentato di circa 0,13 gradi Celsius ogni 10 anni, il doppio rispetto agli anni precedenti. Questo ha fornito ancora meno tempo per l’adattamento alle specie e ai loro ecosistemi sempre più sottoposti ad una condizione di stress.
Allo studio ha partecipato anche il Professor James Watson della UQ's School of Earth and Environmental Sciences and the Wildlife Conservation Society. L’esperto di conservazione di fauna selvatica ha dichiarato: “C’è stato una massiccia sottovalutazione di questi impatti. Solo il 7% dei mammiferi e il 4% degli uccelli che hanno mostrato una risposta negativa ai cambiamenti climatici sono stati inseriti nella Red List delle specie minacciate dall'International Union for the Conservation of Nature. Ma i risultati dimostrano che la situazione è ben più grave. Dobbiamo comunicare gli impatti dei cambiamenti climatici ad un pubblico sempre più ampio ed assicurarci che i decisori politici operino per impedire le estinzioni delle specie. I cambiamenti climatici non sono più una minaccia futura".
Il report, in modo oggettivo e semplice, dimostra che nonostante mammiferi e uccelli siano tra le specie più studiate del pianeta, sono ancora sottovalutate le conseguenze che il clima comporta sui loro stili di vita. Non ci sono, infatti, sufficienti informazioni che descrivano in modo accurato il rischio che deriva dal costante aumento delle temperature.
Queste conseguenze, inoltre, vengono sistematicamente sottovalutate pure dal mondo dell’informazione mainstream e, la mancanza di fonti, non fornisce alle persone validi motivi per compiere azioni di pressione sui governi. Proprio quelle istituzioni che dovrebbero agire rapidamente sulla questione climatica se si vuole preservare la vita del pianeta così come la conosciamo oggi.