Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
Lo sviluppo della filiera legno passa dalla cura del bosco
Il legno fa parte integrante della cultura e della abilità produttiva dell’Italia. L’edilizia in legno, per esempio, sta crescendo in maniera significativa e tutta la filiera produttiva legata a questo materiale costituisce il secondo settore manifatturiero più importante in Italia.
Il nostro Paese è coperto per il 36% da boschi che, logica vorrebbe, dovrebbero rifornire e soddisfare – almeno in parte – le elevate esigenze produttive oltre a rappresentare un bene paesaggistico, naturalistico e salutare. Ma non è così. Importiamo dal 70% al 90% del legname (ad es. da Austria, Germania, Paesi dell’Est Europa ecc.) con costi certamente evitabili se si tutelassero le foreste italiane e si utilizzassero in maniera ecosostenibile. Ed è qui che entra in gioco l’Associazione Forestale Italiana, legata a FederlegnoArredo da un legame profondo, pur essendo indipendente, fin dal 1948 anno della sua nascita. All’AFI, recita lo statuto, aderiscono enti, associazioni, società, aziende, tecnici, professionisti, e, in generale, chi è interessato alle problematiche relative agli alberi, ai boschi e alle attività industriali e commerciali a essi collegate. Ed è con il direttore generale dell’ente, Claudio Garrone, laureato in Scienze Forestali, che scopriamo meglio questa realtà che sta a monte della filiera legno.
Quale attività svolge la vostra Associazione?
Il raggio di attività di AFI è focalizzato principalmente sulla tutela e la valorizzazione del bene forestale e della sua elevata multifunzionalità, tra cui anche la materia prima. Uno degli scopi dell’ente è far conoscere il legno e le sue qualità che ne fanno una materia prima davvero ecosostenibile. L’azione svolta è focalizzata sia alla tutela boschiva sia al suo utilizzo sostenibile, in termini di prodotti legnosi e di servizi ecosistemici. Contare su legno di qualità significa, prima di tutto, gestire attivamente il bene forestale, inziando dalla corretta applicazione delle tecniche selvicolturali adeguate alle diversi tipologie forestali.
Che legame c’è con FederlegnoArredo?
Il legame è di lunga data. Lo scorso anno le due realtà hanno sottoscritto un protocollo di Intesa avente per oggetto la valorizzazione e l’ottimizzazione delle rispettive attività e azioni nell’ambito del settore forestale, con particolare riferimento alla valorizzazione della filiera foresta-legno-arredo, nazionale e internazionale.
In tutta la filiera legno quant’è importante l’edilizia?
L’edilizia in legno è un comparto che si sta sviluppando sensibilmente in questi anni, registrando una crescita costante e in controtendenza rispetto all’industria delle costruzioni. L’Italia è il quarto Paese in Europa per produzione di edifici prefabbricati in legno. Va da sé comprendere perché sia importante promuovere la cultura del bosco, l’uso corretto del legno e l’attenzione alla sostenibilità, tre elementi imprescindibili. A livello edilizio, senza nulla togliere ad altri materiali, il legno è il miglior materiale in termini di ecosostenibilità, come dimostrato da diversi studi (in particolare basati sulla cosiddetta valutazione del ciclo di vita del prodotto o LCA – Life Cycle Assesment) anche nell’ottica dell’economia circolare, per le numerose possibilità di riutilizzo e riciclo, fino allo smaltimento con impieghi energetici (purché non trattato).
Uno dei concetti più interessanti promossi da AFI è quello di gestione attiva del bosco. Cosa significa?
Significa adottare uno strumento fondamentale attiva del patrimonio forestale lo strumento principale per valorizzare – appunto in maniera attiva e sostenibile – le numerose e differenziate potenzialità del bosco come “risorsa” economica, ambientale e di sviluppo socioculturale, per tutelare il territorio, per contenere il cambiamento climatico e per rinforzare la filiera foresta-legno dalla base produttiva, valorizzando il territorio nel suo insieme, lavorando a fianco di associazioni e realtà multidisicplinari. Anni fa la nostra Associazione, insieme a FederlegnoArredo, fu coinvolta in un progetto ( denominato “Cooperative di Comunità” e “Borghi e Centri”) di valorizzazione e rivitalizzazione delle risorse forestali, ma anche naturalistiche, urbanistiche, turistiche, produttive e occupazionali di quei Borghi e centri storici destinati al rischio di abbandono o già abbandonati, attraverso una gestione integrata.
Un esempio di buona pratica in tal senso è la Foresta Modello delle montagne fiorentine, che annovera tecnici forestali e amministratori comunali di realtà come le Foreste Casentinesi (considerato il polmone d’Italia - nda). Lì abbiamo conosciuto e apprezzato una realtà che ha portato a sistema la gestione territoriale, in modalità mista pubblico-privata, regolamentata con un proprio statuto. Sono riusciti a sviluppare a livello locale attività di promozione del territorio, promuovendo il valore della foresta e del territorio creando un volano economico che fa della localizzazione il suo epicentro. E anche in questo caso aspetti quali l’edilizia in legno sono debitamente valorizzati.
Quali sono i problemi che sconta la filiera legno italiana?
Proprio in questi giorni è stato confermato che nel 2015 il saldo commerciale positivo della filiera è stato superiore ai 40 miliardi di euro, facendo di essa il secondo settore produttivo di tutto il comparto manifatturiero nazionale. Il problema è quando si guarda a quanto si attinge come materia prima dalle foreste nazionali: almeno il 70-80% della materia prima proviene dall’estero con stime addirittura pari al 90%. Siamo il Primo paese europeo importatore di legname per l’industria. Un paradosso, a fronte delle superfici boscate italiane più che raddoppiate dal dopoguerra a oggi e che oggi coprono più di un terzo del territorio nazionale. Ma non basta: va considerato anche il livello qualitativo di questo legno, che in parte è poco utilizzabile come legname da opera.
Come associazione e filiera come vi state muovendo per cambiare questa situazione?
Dal 2010 stiamo portando avanti il tavolo di filiera Legno col ministero per le Politiche Alimentari Agricole e Forestali mirato a lavorare su più fronti, dalla semplificazione normativa al consolidamento del sistema della conoscenza e della ricerca per il settore forestale, iniziando dal settore delle statistiche. Proprio questo ultimo tema è tanto cruciale quanto paradossale: in Italia, nonostante il patrimonio forestale enorme, l’aspetto statistico lascia enormemente a desiderare, addirittura abbandonato da qualche anno. Una lacuna importante perché non si ha l’esatta conoscenza dell’esistente, in termini, tra l’altro, di numeri, di qualità, fattori in base ai quali si può prevedere un’azione mirata di promozione. Per esempio, solo qualche anno fa secondo l’Istat si tagliavano 7 milioni di metri cubi di legname, mentre secondo altre fonti, la stima raggiungeva i 14 milioni di metri cubi: un margine d’errore quindi del 100%.
E a livello normativo?
Una delle azioni del piano di filiera concesse dal Mipaaf ha portato alla revisione della attuale norma forestale, ossia il Dlgd 227/2001, che poneva tutta una serie di vincoli e complesse procedure burocratiche che bloccavano, di fatto, le attività boschive. Si è condiviso un testo, anche con la presenza di ministero dell’Ambiente, oggi però fermo al governo, inserito nel collegato Agricoltura, ed in attesa di approvazione. Tale testo prevede una serie di semplificazioni a carattere amministrativo e procedurale che – è l’auspicio degli “addetti ai lavori” -darà un enorme aiuto come base di partenza per la gestione attiva del patrimonio forestale: oltre alla semplificazione normativa, il tavolo di lavoro ha già strutturato tutta una serie di azioni volte a promuovere il coordinamento e la convergenza di interessi nella Filiera foresta-legno nazionale e locale, allo scopo di rafforzare i legami tra i suoi diversi attori e segmenti per favorire l’attivazione di sinergie e progettualità tra le parti interessate coinvolgendo le istituzioni e la società. Una di queste, riguarda la risoluzione del problema della parcellizzazione delle superfici forestali in possedimenti privati spesso sconosciuti agli stessi proprietari. La proposta vede, ad esempio, la concessione in gestione delle superfici forestali di soggetti privati, a fronte del riconoscimento degli eventuali utili, al netto dei costi sostenuti, derivati dalla gestione e dagli interventi realizzati in occupazione temporanea dei terreni interessati. È un’azione importante anche ai fini dell’equilibrio idrogeologico.
C’è interesse a livello nazionale a investire nel bosco?
Sui boschi e sul loro mantenimento si sta cominciando a risvegliare un certo interesse anche a livello di investimenti finanziari: ci sono fondi assicurativi, anche sull’esempio già attuato negli Stati Uniti. Tutto questo, naturalmente, va gestito con oculatezza in modo che non si guardi solo al profitto, ma vada visto in un’ottica a lungo termine che tuteli il bene ambientale. Perché il bosco offre ricchezza molteplice, dall’ambiente alla salute all’economia e non solo. A ciò va aggiunta, la fondamentale funzione sociale e di ricadute sull’impiego che un eventuale e calibrato aumento della utilizzazione della produzione legnosa nazionale potrebbe generare: non meno di 35mila nuovi posti di lavoro, solo nel settore delle utilizzazioni legnose.
Ma soprattutto si pensi all’importanza della cattura “attiva” della CO2 del bosco come essere vivente, prima, e dello stoccaggio della CO2, immagazzinata all’interno dei prodotti legnosi, per la loro intera durata di vita. Gestire bene i boschi significa anche avere positivi riflessi negli interventi sui cambiamenti climatici, evitando incendi, dissesti idrogeologici e tanto altro ancora.