Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.
Chi inquina, poi paga?
Il quadro italiano che fa riferimento al pagamento delle tasse ambientali è coerente con il Principio europeo del “Chi inquina paga”? Risposta alla domanda è presente nel dossier, confezionato per la fine del 2017, dal Senato della Repubblica con il titolo “Chi inquina, paga? Tasse ambientali e sussidi dannosi per l’ambiente. Ipotesi di riforma alla luce dei costi esterni delle attività economiche in Italia”.
Lo studio, analizzando i costi generati dai danni inflitti all’ambiente – quelli che la teoria economica identifica come esternalità negative, parliamo ad esempio dell’inquinamento che si traduce in spese sanitarie, dei danni recati alle attività economiche, dei gas serra, dell’immissione di metalli pesanti e della perdita di servizi ecosistemici – identifica quali settori dell’economia nazionale sono ritenuti responsabili del depauperamento delle risorse ambientali.
Una volta trovati i soggetti responsabili, l’analisi si è soffermata sulla coerenza dei pagamenti: ognuno (singolo cittadino, famiglie, imprese…) paga in base al danno che produce, oppure il carico fiscale non è distribuito in modo equo?
Il report, va detto, non è ancora completo. Sono stati per il momento esclusi costi esterni importanti quali, per esempio, gli scarichi inquinanti nelle acque, l’inquinamento dei suoli dovuto allo smaltimento illegale dei rifiuti, gli incidenti stradali e la congestione da traffico.
Le famiglie pagano di più, le aziende meno
Più di 50 miliardi di euro di danni (cifra che fa riferimento all'anno 2013). A tanto ammontano i danni ambientali legati alle attività di imprese e famiglie considerate nel report. Quota che vale il 3,2% del PIL nazionale.
La maggior parte dei costi è ascrivibile ai settori produttivi dell’economia che, con 33,6 miliardi di euro, raggiungono la quota del 66,9% del totale. Il resto, il 31,1%, è da imputare alle famiglie con costi pari a 16,6 miliardi.
Tra i vari processi economici, sono quelli legati all’industria ad avere maggiori ricadute in termini negativi sull’ambiente con 13,9 miliardi di euro di danni. Segue il settore agricolo con 10,9 miliardi. Al terzo posto il riscaldamento domestico, capace di generare 10,9 miliardi di costi esterni ambientali. 7 miliardi, invece, quelli attribuiti ai trasporti utilizzati dalle famiglie.
A farla da padrone troviamo le emissioni di gas nocivi per la salute e il clima. Gas che rappresentano quasi il 70% del totale dei costi esterni, dove per il 29% contribuiscono le emissioni di particolato, seguite dalla CO2 col 22%, dall’ammoniaca (NH3) e dagli ossidi di azoto (NOx) col 16%, dagli ossidi di zolfo (SOx) col 5%, e dal metano col 4%.
Ciò che emerge dall’analisi, toccherà ora ai prossimi Governi intervenire per ristabilire la parità tra gettito delle imposte e costi esterni, è una disparità di trattamento. Dal confronto si evince che:
- le famiglie pagano il 70% in più dei loro costi esterni ambientali
- le imprese pagano il 26% in meno
- all’interno delle attività economiche, i comparti dell’agricoltura e dell’industria pagano rispettivamente il 93% e il 27% in meno dei loro costi esterni ambientali
- il comparto dei servizi paga il 57% in più.
Inoltre, ulteriore disparità, salta fuori dalle 64 branche dell’economia esaminate dove, in almeno 4 casi, i pagamenti risultano essere del tutto marginali rispetto ai costi prodotti. A pagare meno di tutti, solo l’1% dei danni ambientali generati, è il settore del trasporto marittimo. Quello aereo paga invece il 6%, l’agricoltura il 6,6% e i produttori di elettricità e gas il 16,9%.