Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.
Unep: “porre fine alla guerra suicida con la natura”
Secondo “Making Peace with Nature”, il nuovo rapporto del Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep) rilasciato negli ultimi giorni, il mondo deve porre fine alla “guerra suicida con la natura” e affrontare le tre più gravi emergenze ambientali in questo momento: il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento atmosferico e idrico.
"Senza l'aiuto della natura, non riusciremo né a prosperare e né a sopravvivere – ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ai giornalisti durante la conferenza stampa di rilascio del rapporto -. È ora che impariamo a vedere la natura come un alleato che ci aiuterà a raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030".
Lo studio sottolinea come l’economia mondiale sia cresciuta di 5 volte negli ultimi 50 anni. Nello stesso periodo gli esseri umani hanno triplicato sia l'estrazione di risorse naturali e sia la produzione di terre coltivate. Questo sovrasfruttamento ha avuto un certo peso per l’ambiente, e ha impattato più significativamente su 1,3 miliardi di persone, le stesse che oggi si trovano in una condizione di povertà, e che risultano le più vulnerabili e fragili al mondo.
A questi ritmi, l’aumento medio della temperatura globale raggiungerà oltre i 3°C nei prossimi decenni, sforando così la soglia di sicurezza consigliata dalla comunità scientifica, prevista dall’Accordo di Parigi (limitare il riscaldamento del Pianeta a 2°C, facendo il possibile per restare nella soglia di 1,5°C). Di fianco, e complementare al problema della temperatura, gli scienziati nello studio hanno ricordato che attualmente rischiano l’estinzione sono oltre un milione di specie (delle 8 milioni conosciute), e che l’inquinamento uccide prematuramente milioni di persone ogni anno.
Perdita di biodiversità, inquinamento chimico e cambiamento climatico sono ormai oltre i livelli di rischio consigliati, rientrano infatti in quei nove "confini planetari" che la comunità scientifica ci aveva consigliato di tenere sotto controllo, per permettere all’umanità di continuare a vivere in uno “spazio operativo sicuro”.
"Le emergenze ambientali che sono state delineate nel rapporto sono tutte figlie dal consumo eccessivo delle risorse, della sovrapproduzione di rifiuti e della priorità legata al profitto a breve termine - ha dichiarato Inger Andersen, direttore esecutivo dell'UNEP - Ma non tutto è perduto."
Lo studio, infatti, fornisce una serie di soluzioni che, se applicate nel più breve tempo possibile, possono aiutarci a tutelare i servizi ecosistemici e ad arrestare la drammatica perdita di biodiversità, per avviare così quel grande progetto di ripristino dei sistemi naturali annunciato dall’Onu per la decade 2021-2030.
Per esempio, viene chiesto ai governi di smettere di sovvenzionare la produzione di combustibili fossili e l'agricoltura industriale, e di indirizzare questi fondi verso attività maggiormente sostenibili. Inoltre, un grosso aiuto potrebbe arrivare da una carbon tax globale, misura in grado di incentivare la transizione verde che le imprese sono chiamate ad attuare. Ma la perdita di biodiversità va affrontata a tutto campo, per questo l’Unep ricorda che bisogna investire anche in ricerca e sviluppo espandendo la rete di aree protette presente in tutto il mondo, e migliorando i programmi di monitoraggio per gli ecosistemi marini e terrestri.
Tra i segnali incoraggianti citati nel lavoro, spicca il rientro del 19 febbraio degli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi, il secondo paese al mondo con le più alte emissioni di carbonio dopo la Cina (ma primo se guardiamo alle serie storiche).
L’azione da imprimere nell’immediato, si legge infine nello studio, deve concretizzarsi anche in un deciso sostegno finanziario da parte dei Paesi ricchi verso quelli più poveri. Solo attraverso uno sviluppo rispettoso del clima e della biodiversità, diffuso su larga scala, possiamo sperare di continuare a vivere in “uno spazio operativo sicuro”.