Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.
Agricoltura europea a rischio per via del clima
Quando si parla di possibili soluzioni al cambiamento globale spesso vengono menzionate le azioni di mitigazione. Ne è un chiaro esempio il passaggio da un sistema energetico basato sui combustibili fossili a uno più pulito, incentrato sulle rinnovabili. La verità è che senza un forte sostegno economico anche all’attività di adattamento, che ci difende dall’aumento del livello del mare e dalla desertificazione, non riusciremo a metterci al riparo dai peggiori effetti che la crisi climatica è in grado di innescare.
Un’ulteriore dimostrazione, che ci tocca da molto vicino, è stata data nei giorni scorsi dall’Agenzia Europea dell’Ambiente che ha diffuso uno studio che mette in guardia il settore agricolo comunitario. Secondo “Climate change threatens future of farming in Europe”, reso noto lo scorso 4 settembre, lo sviluppo agricolo, e la vita stessa del settore, è messo a repentaglio da ondate di calore, siccità, e altri eventi estremi quali inondazioni e piogge tropicali.
Un rapporto in linea con quanto dichiarato a inizio agosto da Coldiretti, che parlava del 75% di tempeste in più sull’Italia, ben 11 al giorno, nei primi due mesi estivi, con tutte le perdite che ne consegue il settore agroalimentare del Belpaese.
Per l’EEA l’Europa deve mettere in piedi una serie di strategia che vanno da un minor uso dei fertilizzanti a una gestione più efficiente del letame. Anche la produttività dettata dal settore zootecnico dovrà essere rivista, accompagna da una maggior consapevolezza da parte di noi consumatori, dato che l’EEA auspica un cambio di dieta per contribuire a una riduzione degli sprechi e delle emissioni.
Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia, in merito allo studio ha dichiarato: “Nuovi record sono stati stabiliti in tutto il mondo a causa dei cambiamenti climatici e gli effetti negativi di questo cambiamento stanno già influenzando la produzione agricola in Europa, in particolare nel Sud. Nonostante alcuni progressi, è necessario fare molto di più per adattarsi, in particolare a livello di azienda agricola, e le future politiche dell'Ue devono essere progettate in modo da facilitare e accelerare la transizione in questo settore”.
Secondo l’Agenzia, la produzione agricola rischia di contrarsi di molto in alcune zone nei prossimi anni e, addirittura, in altre dovrà essere addirittura abbandonata perché non più redditizia per via delle difficoltà climatiche che minano la capacità di generare nuove risorse dei terreni.
Tutte le aziende, sia piccole che grandi, rischiano grossi danni economici se si dovesse continuare con il “business as usual”, lo scenario dove l’Europa, e il mondo, non dovessero far nulla sulla lotta al cambiamento climatico.
Un fattore che inciderà anche sui prezzi finali dei prodotti, spinti verso l’alto anche dalla domanda globale, e che quindi potrebbe generare altri problemi, di tipo etico, come la natura elitaria di un bene che invece dovrebbe essere messo a disposizione di tutti.
Inoltre, continuando ad emettere CO2 in atmosfera, si prevede che le rese delle colture non irrigate, rappresentate da grano, mais e barbabietola, tanto per fare qualche esempio, diminuiranno nell'Europa meridionale fino al 50% entro il 2050. Qualche piccolo beneficio potrebbe invece palesarsi per alcune regioni del Nord Europa, anche se il rapporto specifica che le condizioni generali saranno sicuramente peggiori di quelle odierne.