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Il ministro francese dell’ecologia si è dimesso

Nicolas Hulot, durante una trasmissione in radio, ha annunciato le proprie dimissioni. Sotto accusa Macron e il suo governo, ritenuto poco incisivo su transizione economica e cambiamento climatico

“Sono in un momento di verità. Questi ultimi dodici mesi sono stati una vera sofferenza, stavo per trasformarmi in un cinico. Mi sono sorpreso e qualche volta ho pensato di abbassare il tiro sugli obiettivi, per questo ho pensato che fosse ora di smettere”.
Arrivano in radio su “France Inter” le parole dell’ormai ex ministro della transizione ecologica e solidale (l’equivalente francese del nostro ministero dell’ambiente) Nicolas Hulot, che il 28 agosto ha preso la decisione di lasciare l’incarico governativo affidatogli da Macron.
Una mossa, seppur non del tutto inaspettata, non comunicata né al presidente francese e né al primo ministro Edouard Philippe. “È una decisione che ho preso da solo, perché non voglio più mentirmi”, ha continuato Hulot nella speranza che Macron “possa imparare da queste dimissioni, spero che questo gesto sia utile, in modo che tutti si pongano la domanda sulla sua responsabilità".

“Lasciato solo”
Tra le motivazioni che hanno spinto a lasciare Hulot, diventato un’icona mediatica in patria grazie alla trasmissione televisiva Ushuaia Nature, di sicuro i contrasti avuti con il ministero dell’agricoltura presieduto da Stéphane Travert – “non posso passare il mio tempo a litigare con lui” - e la direzione intrapresa dal governo accusato di averlo “lasciato solo”.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la discussione della legge sulla caccia avvenuta alla presenza di un noto lobbista a favore pure del commercio di armi nel settore. Per Hulot, quando le lobbies sono in grado di sedersi ai tavoli decisionali, influenzandone il dibattito, esiste un vero e proprio “problema di democrazia”.

Ma, come dicevamo, è solo l’ultimo di una lunga serie di bocconi amari mandati giù dall’ex ministro, che non si aspettava un’azione così blanda su temi cruciali, e collegati tra loro, come il cambiamento climatico, la transizione verso un sistema economico low carbon e la trasformazione dell’industria agricola.
In passato era stato costretto, andando contro le proprie idee, ad avallare l’entrata in vigore provvisoria del CETA (l'accordo commerciale tra Canada e Unione Europea approvato nel 2017 dal Parlamento europeo) e ad approvare il rinvio dell’obiettivo di ridurre la quota di energia elettrica prodotta dal nucleare. Forzature che alla fine l’hanno portato a dire basta.  

L'ex ministro ammette di aver maturato a lungo la sua decisione durante l'estate. Tuttavia, inizialmente non aveva intenzione di dirlo dal vivo alla radio.
Thomas Legrand, editorialista politico alla France Inter, racconta il dietro le quinte di questo annuncio: "Aveva deciso di dimettersi e di annunciarlo qualche giorno dopo, con l’intento di rendere più fruttuoso il momento di influenza politica. Ma quando è andato in studio, ha cambiato idea. I suoi collaboratori sono crollati. Ma durante l'intervista, sentivamo che si stava scrivendo la fine del suo capitolo, delle sue contraddizioni. Abbiamo avuto un momento di verità politica".
Momenti che sorprendono, in politica (purtroppo) più unici che rari, e di cui non solo la Francia avrebbe bisogno. Soprattutto sui temi ambientali, capaci di influenzare così da vicino le componenti sociali, economiche e il benessere dell’intera popolazione mondiale.
Hulot non voleva più dare l’illusione agli elettori che la sua presenza nell’esecutivo potesse far pensare che si stesse facendo il possibile. Per questo si è dimesso.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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