ambiente4-1130x300.jpg
  • Home
  • AMBIENTE
  • Legambiente: un prodotto su tre contiene pesticidi

Legambiente: un prodotto su tre contiene pesticidi

Il dossier "Stop Pesticidi" fornisce numeri preoccupanti, tra i prodotti più contaminati il tè verde, le ciliegie, l'uva, i pomodori...

Fa bene o fa male? Se dovessimo far riferimento soltanto ai valori nutrizionali, né frutta e né verdura dovrebbero mai mancare sulle nostre tavole ma, purtroppo, c’è dell’altro.
L’ultimo dossier “Stop pesticidi” presentato da Legambiente mette in mostra numeri tutt’altro che rassicuranti. Lo studio elabora i dati raccolti dalle Agenzie per la Protezione Ambientale, Istituti Zooprofilattici Sperimentali e le ASL e analizza la presenza di fitofarmaci (pesticidi) nei prodotti che arrivano al consumatore finale. Nel report si legge che: sebbene i prodotti fuorilegge (cioè con almeno un residuo chimico che supera i limiti di legge) siano solo una piccola percentuale (l’1,2% nel 2015, era lo 0,7% nel 2014), tra verdura, frutta e prodotti trasformati, la contaminazione da uno o più residui di pesticidi riguarda un terzo dei prodotti analizzati (36,4%). In pratica, più di uno su tre.
Ma a cosa è dovuta questa differenza? “Lo studio - ha dichiarato la Presidente di Legambiente Rossella Muronievidenzia in modo inequivocabile gli effetti di uno storico vuoto normativo: manca ancora una regolamentazione specifica rispetto al problema del simultaneo impiego di più principi attivi sul medesimo prodotto. Da qui la possibilità di definire regolari, e quindi di commercializzare senza problemi, prodotti contaminati da più principi chimici contemporaneamente se con concentrazioni entro i limiti di legge. Senza tenere conto dei possibili effetti sinergici tra le sostanze chimiche presenti nello stesso campione sulla salute delle persone e sull’ambiente. Eppure le alternative all’uso massiccio dei pesticidi non mancano. La crescita esponenziale dell’agricoltura biologica e delle pratiche agronomiche sostenibili sta dando un contributo importante alla riduzione dei fitofarmaci e al ripristino della biodiversità e alla salute dei suoli”. Infatti, di positivo c’è che le aziende agricole che scelgono di premiare il biologico e, quindi, una forma di agricoltura più attenta all’ambiente ed alla salute umana, sono in crescita. La superficie agricola biologica è aumentata nel biennio 2014 - 2015 del 7,5%. 

Il prodotto in cui sono stati trovati maggiori residui di pesticidi è il tè verde con 21 residui chimici diversi, seguono le bacche con 20, il cumino 14, le ciliegie 13, lattughe e pomodori 11, l’uva con 9. In generale, è il comparto della frutta dove si registrano maggiori criticità per le percentuali più alte di “multiresiduo”. Uva, fragole, pere e frutta esotica (soprattutto banane) sono i prodotti più spesso contaminati. Tra le sostanze chimiche maggiormente rilevate durante l’analisi figurano il Boscalid, il Penconazolo, l’Acetamiprid, il Metalaxil, il Ciprodinil, l’Imazalil e il Clorpirifos (sostanza riconosciuta come interferente endocrino, cioè capace di alterare il normale funzionamento del sistema endocrino e dannoso per l’organismo).

È importante il focus sulla salute umana ma è ancora più importante quello a monte: sull’ambiente. In casi dove c’è mancanza di riscontro scientifico, dovrebbe sempre prevalere il Principio di Precauzione. Invece, sappiamo bene che sul mercato negli ultimi decenni sono stati immessi fitofarmaci di cui non si conoscevano gli effetti. Effetti che, ora, scopriamo incidere in modo negativo sulla biodiversità, sul degrado del terreno e sulla qualità dei prodotti che entrano nella nostra catena alimentare. Caso principe è quello del glifosato.
Il settore agricolo è ancora una volta nell’occhio del ciclone. Oggi, però, è stesso l’agricoltura che può decidere di reagire alle critiche giocando un ruolo primario nel passaggio ad una produzione maggiormente orientata alla sostenibilità ambientale. L’agricoltura biologica consente di abbandonare le sostanze chimiche con l’utilizzo di meccanismi e tecniche naturali che consentono gli stessi livelli di produzione. In questo modo si contribuisce a mettere un serio freno alla perdita di biodiversità e all’impoverimento del suolo. Ovviamente, anche in questo caso fondamentale sarà l’apporto fornito dalle istituzioni. Istituzioni che, al momento, sembrano non essere troppo interessate all’argomento.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

Ultime pubblicazioni