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Green Energy Storage, l'energia arriva dalle piante

La start up ha sviluppato un sistema di accumulo organico per le energie rinnovabili basato sul chinone, molecola presente nel rabarbaro ed in altre piante

Forte di un accordo di esclusiva per l'Europa con l'Università di Harvard, Green Energy Storage ha sviluppato un sistema di accumulo organico per le energie rinnovabili basato sul chinone, molecola presente nel rabarbaro ed in altre piante. La start up ha raccolto finanziamenti dall’Unione Europea attraverso il bando Horizon 2020. I sistemi di accumulo consentono di utilizzare l'energia prodotta da fonti rinnovabili con flessibilità, risolvendo il problema dell'intermittenza e riducendo i costi. Rispetto a quelle tradizionali basate sul litio, le batterie fluide sviluppate da Green Energy Storage sono utilizzabili su impianti di grossa scala, hanno un costo di produzione competitivo, standard di sicurezza più elevati e utilizzano molecole organiche con un impatto ambientale positivo. Da un esperimento dell’Università di Harvard su scala di 1 Watt, Green Energy Storage ha sviluppato un prototipo funzionante da 3KW, già in fase di testing, con potenziali applicazioni che vanno dall’utilizzo domestico ad impianti industriali di grandi dimensioni.

Il team è composto da manager e imprenditori con esperienza trentennale e si avvale di un comitato scientifico composto da professori di Università di Harvard, Università di Roma Tor Vergata e Fondazione Bruno Kessler, oltre che del lavoro di 15 ricercatori. Green Energy Storage ha siglato accordi di test con Sorgenia e Romande Energie e partnership per lo sviluppo del prodotto con Industrie De Nora, leader mondiale nella produzione degli elettrodi. Il mercato mondiale dei sistemi di accumulo, di cui Green Energy Storage è  protagonista, è stimato tra i 200 e i 400 miliardi $ entro il 2022 con l’Europa rappresenta la fetta più consistente con un valore fino a 160 miliardi $. Sono bastate 10 ore a Green Energy Storage, la giovane azienda italiana leader mondiale delle batterie organiche, per raggiungere l’obiettivo massimo prefissato dell’offerta di equity crowdfunding su Mamacrowd. L’obiettivo minimo di 250mila euro invece è stato raggiunto in un’ora e 55 minuti.

Ecco la nostra intervista al presidente Salvatore Pinto:

Come è nata l’idea della vostra Start Up?

L'idea di Green Energy Storage è nata dall'interesse e dalla conoscenza del mondo dell'energia. Sapevamo che lo storage era uno dei principali trend per innovazione ed impatto economico a livello globale e così abbiamo cominciato uno scouting delle migliori tecnologie al mondo, selezionando una breakthrough technology dell'Università di Harvard: le batterie a flusso basate sulla molecola organica del chinone.

Qual è il progetto di Green Energy Storage?

Partendo da un accordo di esclusiva con l'Università di Harvard abbiamo iniziato a sviluppare un sistema di accumulo a flusso basato su una molecola organica. I sistemi di accumulo sono una tecnologia fondamentale per poter immagazzinare l'energia prodotta dalle fonti rinnovabili e promettono di rivoluzionare il mondo dell'energia. Siamo partiti da una tecnologia brevettata in un'Università americana, ma per sviluppare il prodotto abbiamo messo in campo alcune delle migliori eccellenze del nostro Paese, come l'Università di Roma Tor Vergata e la Fondazione Bruno Kessler di Trento.

Che tipo di percorso avete seguito? (finanziamento, avvio, mantenimento)

Siamo partiti autofinanziandoci e investendo importanti risorse. L'alto valore del nostro progetto e le nostre prospettive di mercato hanno nel corso degli ultimi due anni attirato alcuni investitori privati e ci sono inoltre valse il riconoscimento di 2 Milioni di Euro dall'Unione Europea con Horizon2020 e di 3 Milioni di Euro dalla Provincia di Trento. Da pochi giorni abbiamo inoltre avviato una campagna di equity crowdfunding su Mamacrowd, che mentre scriviamo ha ottenuto adesioni per più di 700 mila Euro.

Da chi siete stati affiancati?

Oltre alla collaborazione con l'Università di Harvard ne abbiamo avviate altre molto importanti. Le principali sono sicuramente quelle con le Industrie De Nora, Tor Vergata e Fondazione Bruno Kessler; qui abbiamo trovato competenze di eccellenza che sono state fondamentali per arrivare a sviluppare questa tecnologia e che saranno preziose per condurre i miglioramenti futuri.

Qual è stata la parte più difficile da affrontare?

Passare da un brevetto su piccolissima scala e frutto di ricerca accademica ad un prodotto pronto ad essere messo sul mercato non è sicuramente semplice, le sfide ingegneristiche, tecnologiche ed economiche sono enormi. Ma con tanto lavoro e grazie a competenze di eccellenza in questo settore siamo molto felici di poter dire che siamo arrivati a farcela.

Che tipo di riscontro avete avuto da parte del pubblico?

Dato l'alto valore sociale, oltre che economico, dell'iniziativa il riscontro del pubblico è stato ottimo fin dalle nostre prime esposizioni. Il tema della sostenibilità e delle tecnologie green è sicuramente di grande interesse, ma anche il grandissimo potenziale di questo mercato non è sfuggito alle persone che ci hanno seguito fin qui; ne abbiamo avuto conferma in questi giorni durante la campagna di equity crowdfunding, in cui il numero di adesioni è stato altissimo, portandoci presto in overfunding e spingendoci ad estendere il target massimo di raccolta.

Qual è la strategia di exit?

Il mercato dello storage è stimato tra i 200 e i 400 miliardi di Dollari a livello globale. In questo contesto le opportunità di exit potrebbero essere diverse ed andare da una quotazione in borsa ad un processo di M&A con grandi player del mercato.

Quale tipo di supporto credete sia opportuno per la prosecuzione di successo di una start up?

Sicuramente quello di cui c'è più bisogno, soprattutto in Italia, sono i grandi capitali privati, che sono un fondamentale fattore abilitante per la fase di scale-up. Se l'ecosistema arriverà a questa maturità allora sarà possibile che molte startup eccellenti possano scalare e diventare globali, anche da qui.