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Biogas dai fanghi, il brevetto tutto pugliese

Grazie alla sperimentazione di una docente pugliese, produrre metano dalla depurazione dei fanghi è ora possibile

Il brevetto di un impianto per la produzione di energia da biomasse umide è della professoressa Concetta Giasi, del politecnico di Bari. Nel corso di una sperimentazione durata due anni la docente, insieme al suo ex allievo ed ora ricercatore Nicola Pastore, hanno messo a punto una tecnica all’avanguardia per la produzione di energia, gas metano in particolare, dai fanghi reflui.

Il primo impianto pilota ha dato risultati eccezionali. In esso i fanghi vengono dapprima depurati e stabilizzati, successivamente, il loro volume viene ridotto del 95% rispetto a quello originario ed infine vengono trattati con l’ausilio di batteri selezionati che producono metano praticamente puro.

Da una tonnellata di fanghi si ottengono circa 27 metri cubi di metano con una percentuale di anidride carbonica pari allo 0.08%. Il gas così prodotto è direttamente utilizzabile per l’autotrazione o per l’immissione in rete. Data la bassissima concentrazione di anidride carbonica, l’utilizzo del metano proveniente da questi impianti rappresenterebbe una soluzione diretta per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Non solo, tutto il processo rientra nella categoria delle cosiddette tecnologie green dato il ridotto impatto ambientale che genera.

Il processo ha una durata di soli 2 giorni, rispetto ai 20 giorni necessari in un impianto di depurazione ordinario e, fatto ancor più eclatante, i costi sono 1/10 di quelli attuali. Se questo non bastasse ad inquadrare la genialità dell’invenzione c’è poi da aggiungere che i fanghi residuali post-produzione di metano, sono totalmente depurati e quindi non tossici. Questo risolverebbe anche il problema dello smaltimento. In Italia una recente sentenza della Corte di Cassazione ha vietato il riversamento dei fanghi trattati nei terreni a causa dell’elevato contenuto di metalli pesanti ma, se i fanghi venissero sottoposti ai trattamenti suddetti, il problema non si presenterebbe.

I vantaggi sono anche in termini di spazio: un impianto per il trattamento dei fanghi relativi a 40.000 abitanti che utilizza il nuovo processo occuperebbe una superficie di circa 730 m2 con un’altezza massima inferiore a 10 m. Inoltre, sempre in termini di vantaggi, l’utilizzo dell’innovativo processo potrebbe essere esteso  a qualunque tipo di matrice organica e non solo ai fanghi.

Dopo la deposizione del brevetto, i professori Giasi e Pastore,  fondano la start-up accademica “Geological Environmental Energy Technologies “ (GEET s.r.l) e, a detta della fondatrice stessa, le proposte di acquisto da parte di privati, sia italiani che stranieri, sono state innumerevoli. La docente, tuttavia, vorrebbe che il nuovo impianto ecologico diventi un bene pubblico e che a beneficiarne sia l’Italia in primis.

Considerando che in un anno il solo acquedotto pugliese oggetto della sperimentazione ha trattato 206 mila tonnellate di fanghi, la potenziale produzione di metano derivante da tutti gli impianti italiani, renderebbe il nostro paese autosufficiente e sostenibile dal punto di vista energetico.

Articolo a firma di Simone Valeri

Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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