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Spreco Alimentare in costante crescita

Nella giornata nazionale per la Prevenzione dello spreco alimentare, ISPRA pubblica uno studio sul tema
La principale causa di sprechi è la sovrapproduzione e il cibo che si butta è in constante crescita: +3,2% annuo. E questo a dispetto del fatto che nel mondo 815 milioni di persone soffrono la fame e 2 miliardi la malnutrizione, mentre altre 2 miliardi sono in sovrappeso.
Numeri diffusi dall'ISPRA (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) il 5 febbraio, giornata dedicata alla lotta allo spreco alimentare, presenti nel rapporto "Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali".  
Secondo l'istituto di ricerca, per ristabilire le condizioni di sicurezza alimentare in Italia gli sprechi dovrebbero ridursi di almeno il 25% di quelli attuali. 
Su piano globale, lo spreco alimentare oltre a rappresentare un costo per le nostre tasche, si conferma un tema che genera enormi ripercussioni sul piano sociale. Il fenomeno è infatti associato all'aumento delle disuguaglianze e alle emissioni gas serra: è responsabile della produzione di 3,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, in pratica oltre il 7% delle emissioni totali (nel 2016 pari a 51.9 miliardi di tonnellate di CO2). Se fosse una nazione, si legge nello studio, " lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto dopo Cina e USA nella classifica degli Stati emettitori". 
Il Rapporto è frutto di due anni di valutazione e analisi dei più recenti dati scientifici, che ci indicano come nel mondo lo spreco sia in aumento. Per la FAO, ad esempio, circa un terzo del cibo commestibile globale si trasforma in rifiuto, e il fatto avviene soprattutto nei Paesi sviluppati (per il 56%). 
Un problema centrale, che senza provvedimenti è destinato a ingigantirsi, basti pensare che la Terra dagli attuali 7 miliardi di abitanti passerà a circa 10 miliardi nel 2050, facendo aumentare inevitabilmente la domanda di cibo. 
"La produzione e la distribuzione di cibo dovrà aumentare del 50% entro il 2050 - si legge nello studio -. Questo potrà verificarsi aumentando da un lato la produzione per unità di superficie, dall’altro aumentando la superficie delle aree coltivate a scapito del capitale naturale e dei benefici offerti dalla natura. Di conseguenza, la riduzione dello spreco alimentare è una strategia chiave per ridurre le pressioni sugli habitat naturali e sulle varie componenti dell’ambiente".
Per garantire tutela ambientale e sostegno al genere umano bisogna intervenire sul consumo di suolo - in Italia a livelli insostenibili - e sul processo di abbandono delle aree rurali per le zone urbane che sta investendo gran parte del pianeta. Inoltre, va favorita l'agroecologia: la scienza che applica i principi dell’ecologia alla pianificazione e gestione dei sistemi agricoli e altri metodi estensivi tra cui l’agricoltura biologica.
Fondamentale sarà l'adozione di nuovi stili di vita basati su diete contenenti più prodotti vegetali e meno prodotti animali e derivati. Tra l'altro, il settore degli allevamenti intensivi è quello che contribuisce maggiormente agli sprechi. 
Infine, sostiene l'ISPRA, un ruolo notevole lo giocherà la cooperazione internazionale e la ricerca globale in materia. Sarà importante stabilire connessioni tra le varie istituzioni per attuare gli impegni che interessano da vicino la lotta allo spreco alimetare. Primo fra tutti l'attuazione dell'Agenda 2030 dove è prevista la riduzione a livello globale dei rifiuti alimentari in tutte le filiere promuovendo nuovi modelli di produzione e consumo improntati sulla sostenibilità.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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