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Energia elettrica dai rifiuti alimentari: un nuovo metodo

Combinando fermentazione anaerobica ed una pila a combustibile, la conversione di rifiuti organici in energia elettrica si fa più rapida ed efficiente

“Rapid conversion from food waste to electricity by combining anaerobic fermentation and liquid catalytic fuel cell”, è questo il titolo della recente ricerca, pubblicata lo scorso ottobre sulla rivista Applied Energy, finalizzata a rendere la conversione di rifiuti organici in energia elettrica più rapida ed efficiente. Combinando due processi, la fermentazione anaerobica e la catalisi in pila a combustibile (LCFC), i ricercatori sono riusciti nel loro intento.

Perché scegliere i rifiuti alimentari come substrato di partenza per la produzione di energia elettrica?

“I rifiuti alimentari - spiegano i ricercatori - sono prodotti dalle abitazioni e dai ristoranti in grandi quantità e rappresentano la componente principale dei rifiuti solidi di una città. Negli ultimi anni la quantità di rifiuti alimentari prodotta è cresciuta esponenzialmente in diversi centri urbani in via di sviluppo, a causa della crescita demografica, dell’incremento nel consumo di cibo e della realizzazione di sistemi indipendenti di trattamento e raccolta dei rifiuti stessi”.

Visti in quest’ottica, i rifiuti alimentari rappresentano quindi una risorsa per la produzione energetica, data la grande quantità prodotta e i problemi connessi al loro smaltimento. Grazie alla loro biodegradabilità e naturale ricchezza in nutrienti, si prestano bene ai processi di digestione anaerobica operati da alcuni microrganismi. Da questi processi si ottiene biogas che a sua volta, viene utilizzato per produrre calore ed elettricità. C’è però un limite a tutto ciò: l’acidificazione dovuta all’accumulo di acidi grassi volatili. I rifiuti alimentari, sottoposti ad una prima fermentazione batterica, si trasformano inizialmente in questi composti e successivamente, entrano in gioco i batteri metanogeni che li convertono in metano, il principale componente del biogas. E se la prima fase non è particolarmente rapida, la seconda è piuttosto lenta. Così gli acidi grassi volatili, accumulandosi, acidificano il mezzo rendendolo sempre meno favorevole allo svolgersi delle attività microbiche.

Se a tutto questo viene però affiancata una pila a combustile, il processo diviene più rapido e diretto.

La cella a combustibile catalitico liquido (LCFC), messa a punto dagli stessi ricercatori in uno studio precedente, non fa altro che riprodurre più velocemente il processo biologico di produzione del metano.

La materia organica contenuta nei rifiuti alimentari viene degradata ad acidi grassi nel corso della fermentazione anaerobica (AF). L’energia contenuta nei legami chimici degli acidi grassi viene poi direttamente convertita in energia elettrica nella cella a combustibile catalitico liquido (LCFC). Questo è, in sintesi, il meccanismo alla base del nuovo processo sperimentato dai ricercatori, battezzato con l’acronimo AFFC (Anaerobic Fermentation Fuel Cell). Se confrontato con la digestione anaerobica convenzionale, questo presenta un’efficienza energetica maggiore del 15%. Tempi ridotti, basse concentrazioni di ammoniaca negli effluenti di scarto ed emissioni di anidride carbonica trascurabili, sono i principali vantaggi che lo rendono, inoltre, un metodo vantaggioso anche dal punto di vista ambientale.

“Comparato con la digestione anaerobica convenzionale - concludono i ricercatori - questo procedimento presenta una più elevata efficienza energetica con tempi di svolgimento decisamente minori. Il sistema integrato fornisce una via innovativa ed efficiente per la conversione dei rifiuti alimentari in energia elettrica ed un ulteriore miglioramento potrebbe anticipare la sua promettente applicazione futura”.

Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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