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Il riscaldamento globale impatta sull’energia

Anche il settore energetico dovrà adattarsi al cambiamento climatico per evitare instabilità nel sistema. I Paesi del sud Europa i più a rischio, idroelettrico nel mirino.

Negli ultimi anni la domanda di energia per il riscaldamento è cresciuta nel nord Europa mentre per il centro e il sud è stata la domanda di raffrescamento a registrare una crescita. Una variazione dovuta anche al cambiamento climatico, capace di modificare le temperature che si registrano nel Vecchio Continente.
Si prevede, inoltre, che a variare nei prossimi anni sarà il mix energetico comunitario, anche questo condizionato dagli eventi estremi che rischiano di avere un serio impatto sia sulla generazione di energia elettrica da fonte rinnovabile che su quella convenzionale.
È quanto sostenuto in un lavoro del 2017 dall’Agenzia per l’Ambiente Europea (EEA) che con il rapporto “Adaptation challenges and opportunities for the European energy system” uscito lo scorso 18 giugno, aggiorna la situazione e lancia un monito sulla fondamentale attività di “adattamento” al clima che cambia.
Secondo l’Agenzia, tra le misure di adattamento da mettere in atto - ne sono un esempio quelle per proteggersi dall’aumento del livello del mare e dalla desertificazione che minaccia la produzione di cibo – non bisogna tenere fuori quelle che riguardano la produzione energetica. Per lo studio, infatti, “tutte le parti del sistema energetico europeo, dalla disponibilità delle fonti al consumo di energia, sono potenzialmente vulnerabili ai cambiamenti climatici e agli eventi meteorologici estremi. Per garantire un approvvigionamento affidabile di energia pulita, il sistema energetico europeo deve adattarsi e diventare più resistente al clima”.
È il caso dell’idroelettrico. Sappiamo infatti che per produrre elettricità questo settore, annoverato tra le energie rinnovabili, ha bisogno di grosse quantità d’acqua: una risorsa destinata a essere meno abbondante nei prossimi anni. Basti pensare che il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ricorda che è a rischio desertificazione quasi il 21% dell’Italia (in pratica un quinto del territorio nazionale), il 41% del quale si trova nel sud, e che dal 1900 a oggi il 50% del volume dei ghiacciai alpini è scomparso (con una chiara accelerazione dall’anno 1980).
Inoltre, meno acqua si traduce in meno biocarburanti e in meno liquido utilizzato per le operazioni di raffreddamento, necessario al funzionamento delle centrali termiche alimentate con i combustibili fossili.
Un danno che potrebbe avere ripercussioni pure per le attività di assorbimento del carbonio da parte delle foreste. Uno dei modi più efficaci per stoccare CO2 è piantare alberi che, banalmente, per crescere hanno infatti bisogno di acqua.
“Senza misure incentrate sull’adattamento i danni da eventi estremi subiti dal sistema energetico europeo potrebbero ammontare a miliardi di euro l'anno entro la fine del secolo, con costi indiretti per la collettività ancor più elevati”, si legge nello studio che, infine, fornisce una serie di linee guida per rendere più resiliente il settore energetico comunitario.
Tra queste soluzioni è presente il passaggio da un sistema energetico basato sui combustibili fossili a uno sulle rinnovabili. Sostituire le centrali a carbone con impianti basati sul solare e sull’eolico, infatti, oltre a rappresentare un bel passo avanti nell’attività di mitigazione, comporterebbe sia un minor consumo di acqua che un risparmio in termini di CO2 emessa.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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