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Italia: 19,3 miliardi di euro in sussidi dannosi all’ambiente

Crescono i finanziamenti pubblici diretti e indiretti che generano perdita di biodiversità: nel mondo la quota è pari a 10 volte quella destinata a conservare la natura.

A dispetto delle dichiarazioni della politica, anche la parte governativa del Movimento 5 Stelle aveva più volte ribadito in campagna elettorale l’intenzione di voler eliminare gli aiuti economici alle attività che recano danno agli ecosistemi, fino ad ora nulla è stato fatto e, anzi, il Ministero dell’Ambiente ci informa che i sussidi dannosi all’ambiente continuano a crescere nel nostro Paese.
La dimostrazione si trova nell’aggiornamento del “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli”, documento pubblicato con un anno di ritardo dalla tabella di marcia (doveva uscire nell’estate 2018), reso noto qualche giorno fa.
Per il Ministero, prendendo spunto dalla definizione data dall’Ocse, vengono ritenuti sussidi anche “gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell’ambiente”.
In sostanza, parliamo di tutti quei finanziamenti che arrivano dal settore pubblico, in modo diretto o indiretto, ad attività economiche che incidono sull’equilibrio naturale degli ecosistemi, procurando così una perdita di benessere - sia sotto al profilo economico che in termini di salute e godimento ambientale - alla collettività.
Danno che andrebbe pian piano ridimensionato tagliando questi incentivi, tenendo però conto degli effetti indesiderati che si potrebbero ripercuotere sul mondo del lavoro.
Il governo ha quindi il compito di mettere in piedi una strategia di uscita nel più breve tempo possibile, anche perché nel corso degli anni i sussidi stanno aumentando: basti pensare che si è passati dai 16 miliardi di euro nel 2016 ai 19,3 miliardi nel 2017, con la grossa parte destinata – parliamo di 16,8 miliardi di euro – alle fonti fossili.
I sussidi ambientalmente favorevoli, invece, nel 2017 sono stati stimati in 15,2 miliardi di euro, cifra simile a quella dell’anno precedente.

“Molti Paesi, oltre l’Italia, fanno ancora un utilizzo significativo di sussidi ambientalmente dannosi – scrive il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa nella prefazione dello studio -. Per questo sono importanti gli impegni G7 e G20 per la rimozione dei sussidi alle fonti fossili entro il 2025. Non tragga in inganno la discussione tesa a limitare la definizione di sussidi alle fonti fossili a quelli ritenuti inefficienti. Tutti i sussidi alle fonti fossili devono ritenersi economicamente e ambientalmente inefficienti. Senza la loro rimozione diventerà estremamente difficile, se non impossibile, raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati come comunità globale a Parigi e all’ONU. Il Catalogo ha fini conoscitivi: a noi la responsabilità di trarne le conclusioni e agire”.
Un chiaro riferimento a una tendenza purtroppo non solo italiana: tutti i grandi Paesi da una parte si impegnano a ridurre le sovvenzioni dannose, anche durante il G20 di Osaka del mese scorso, ma dall’altra vengono smentiti dai fatti.
Un esempio lo si trova nel rapporto dell’Ocse, pubblicato lo scorso 10 maggio col titolo “Biodiversity: Finance and the Economic and Business Case for Action”.
Lo studio rivela che per mettere un serio freno alla perdita di biodiversità vanno eliminati i 500 miliardi di dollari l’anno di sussidi ambientalmente dannosi elargiti da parte dei Paesi industrializzati. Una quota, fa sapere infine lo studio, che risulta addirittura pari a dieci volte quella che invece viene destinata per la conservazione della natura.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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