ambiente4-1130x300.jpg

Mal'Aria italiana

Mentre arriva l'ultimatum dall'Europa, Legambiente ci aggiorna sulla situazione smog nelle nostre città. Mancano interventi concreti

Arriva dall’Europa l’ultimatum per Italia, Germania, Francia, Spagna, Regno Unito, Romania, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Sotto accusa l’aria che respiriamo. I Paesi sono ora costretti a presentare entro la fine della prossima settimana misure adeguate per il rispetto dei limiti massimi consentiti per inquinanti come il biossido di azoto (prodotto principalmente dalle auto diesel).
Se questo non dovesse avvenire o se i piani presentati non dovessero soddisfare Bruxelles, si rischia il rinvio davanti la Corte Europea di Giustizia di Lussemburgo per la definizione della corposità delle multe da infliggere ai rispettivi Paesi.
La Commissione Europea stima che sono circa 400 mila le morti premature da attribuire ogni anno in Europa all’eccessivo inquinamento atmosferico e che un numero ancor maggiore interessi chi si soffre di malattie cardiovascolari e respiratorie.
“Durante il nostro confronto ci sono state proposte positive — ha affermato il Commissario Ue per l’Ambiente Karmenu Vella in seguito al vertice avuto con il ministro dell’Ambiente italiano Gian Luca Galletti — Ma a prima vista non sono abbastanza importanti da cambiare la situazione generale. La sola cosa che tratterrà la Commissione da andare in Corte Ue è che quanto i Paesi mettono sul tavolo permetta di raggiungere i target senza ritardi”.

Mal’Aria 2018
Intanto gli aggiornamenti sulla situazione italiana ci arrivano da Legambiente che, negli ultimi giorni, ha pubblicato il suo “Mal’Aria 2018”, report annuale sull’inquinamento atmosferico nelle città italiane.
La sintesi non è delle migliori: emergenza smog sempre più cronica nelle nostre città. Nel 2017, infatti, sono state 39 le città italiane fuorilegge con i livelli di PM10 oltre le soglie consentite. La situazione peggiore, ormai da lungo tempo, si è presentata nelle città del nord ed in particolare nella Pianura Padana.
Sui 39 capoluoghi analizzati sono ben 5 quelli che hanno addirittura passato per più di 100 giorni i limiti soglia. A Torino spetta guidare la poco invidiabile classifica con i suoi 112 giorni di sforamento, seguono Cremona con 105, Alessandria con 103, Padova con 102 e Pavia con 101 giorni. Ci sono andate molto vicine ad abbattere il muro dei 100 giorni, invece, Asti con 98 giorni, Milano con 97, Venezia con 94, Lodi e Vicenza con 90. Prima città del centrosud presente in classifica rimane Frosinone con 93 giorni di superamento delle soglie.

Ma per risolvere il problema in modo strutturale non basta il semplice blocco del traffico a targhe alterne, spesso utilizzato come misura salva-aria dalle amministrazioni delle città. Servono, ad esempio, misure capaci di incentivare il trasporto pubblico cercando di contrastare il fenomeno che vede l’Italia possedere il parco macchine più vecchio d’Europa e dove ancora oggi si vendono troppe auto diesel (56% del venduto tra gennaio e ottobre 2017 contro una media europea del 45%).
Come dichiara dichiara Stefano Ciafani, direttore generale Legambiente: “Come ribadiamo da anni non servono misure sporadiche, ma è urgente mettere in atto interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello nazionale che locale. Una sfida che la prossima legislatura deve assolutamente affrontare. Gli innumerevoli protocolli e accordi non devono riguardare solo le regioni padane, ma tutte le regioni e le città coinvolte da questa emergenza. Occorre ripartire da un diverso modo di pianificare gli interventi nelle aree urbane, con investimenti nella mobilità collettiva, partendo da quella per i pendolari, nella riconversione sostenibile dell’autotrazione e dell’industria, nella riqualificazione edilizia, nel riscaldamento coi sistemi innovativi e nel verde urbano. Serve potenziare anche il sistema dei controlli pubblici, con l’approvazione ancora mancante dei decreti attuativi della legge sulle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente da parte del Ministero”.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

Ultime pubblicazioni