La stabilità è il presupposto dell'innovazione
Editoriale a cura del prof. ing. Giuseppe Starace, coordinatore del focus "Ingegneria dell'Innovazione".
Come di consueto, porre l’attenzione su concetti apparentemente in contrasto tra di loro stimola la riflessione e provoca il desiderio di decifrare significati e tendenze difficilmente percepibili al primo sguardo.
Se si parla di stabilità in azienda, viene subito in mente un ambiente statico, che ripete continuamente processi ben definiti e sperimentati, che non riservano sorprese e che assicurano il risultato di sempre. E viene in mente una squadra di collaboratori ben assestata, con ruoli ben individuati e descritti, senza sovrapposizioni o doppioni; un puzzle ormai risolto che vuol essere solo conservato e, al massimo, rafforzato.
Se in un ambiente fatto così viene meno una pedina, si introduce, cioè, una perturbazione magari improvvisa, l’equilibrio si rompe e la sostituzione diviene un serio problema, perché per quanto ci si sforzi, ogni lavoratore ha caratteristiche peculiari, diverse da quelle degli altri.
Se, invece, si parla di innovazione, il primo pensiero va ad un ambiente dinamico, il più delle volte digitale, in cui ogni giorno si parla di nuovi prodotti da inventare e processi da riorganizzare con qualche click, lasciando indietro logiche vecchie e desuete.
In un ambiente fatto così, non c’è spazio per chi rimane legato a consuetudini e gerarchie del passato, a modi di operare polverosi anche se ben collaudati. L’esperienza degli operatori anziani perde importanza e ciò che conta è andare avanti, talvolta animati dal solo desiderio di esplorare soluzioni nuove, senza una preventiva e matura disamina di obiettivi realizzabili, che consentiranno all’azienda di sopravvivere e di avere successo.
È evidente come si tratti di due visioni estreme, destinate entrambe prima o poi a naufragare, l’una per l’incapacità di rinnovarsi, l’altra per l’alta probabilità di percorrere strade senza via d’uscita.
La stabilità andrebbe invece vista come presupposto per l’innovazione, come presupposto per la costruzione di un ambiente di lavoro amico, di superiori alleati e concordi nell’indirizzare gli sforzi, di formatori collaborativi, desiderosi di tirar fuori il meglio dalle giovani leve (il cui ingresso in azienda va gradualmente, ma costantemente alimentato) allo stesso tempo inesperte e vivaci, impacciate e ambiziose, ingenue e curiose, disorientate e per questo in cerca di nuove chiavi di lettura in grado di decifrare una realtà sconosciuta.
Lo sguardo di lungo periodo, lo stimolo all’appartenenza alla squadra, la sensazione di fiducia liberano la creatività e consentono di concentrare le energie sull’avanzamento e sullo sviluppo. È come avere a che fare con le fondazioni di un edificio che può svettare sugli altri solo se sicuro sulla sua base.
L’inesperienza, lo slancio e l’entusiasmo dei collaboratori giovani costituiscono un pericolo se non si fornisce loro la soddisfazione di far parte di un gruppo di lavoro solido e di una prospettiva stabile. Saranno un tesoro, invece, se la contaminazione tra esperienza e novità promuoverà il sorgere di punti di vista maturi e nello stesso tempo innovativi, attendendo che questi si sviluppino in un ambiente che rassicuri e coinvolga, che indirizzi, ma non soffochi le ambizioni e le idee.
La stabilità della posizione lavorativa dei giovani può costituire la chiave per il successo dell’imprenditore che fonda la propria competitività sull’innovazione. Se per chi assume, la scelta dei rapporti precari sembra costituire un elemento di precauzione, essa può tradursi in una condanna, perché induce i giovani collaboratori a tenere per sé le proprie idee, a mettere continuamente in dubbio la propria permanenza in azienda, alla ricerca di una prospettiva più certa. Ma ciò che è peggio e che ha ripercussioni con confini molto più ampi di quelli della singola realtà aziendale, l’assenza di stabilità può finire con lo spegnere le ambizioni di novità dei giovani, relegandoli a semplici esecutori, che, senza sentire fiducia nei propri confronti, finiscono col perdere ogni motivazione per investire su se stessi.