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L’innovazione trae origine dalla differente formazione e dalla multidisciplinarietà

  • Data: 11.12.20
Ognuno dovrà fare la sua parte nella certezza che ogni aspetto della crescita culturale degli allievi si tradurrà in ricchezza per le industrie e per l’intero Paese. Il nuovo editoriale del prof. ing. Starace

Sebbene dal punto di vista del lavoro, da qualche anno perduri una situazione economica che non si può definire delle migliori e il dato della disoccupazione in Italia e, di più, al Sud sia allarmante, la gran parte degli imprenditori, specie in ambito industriale manifatturiero, lamenta di non trovare sul mercato giovani risorse umane adatte all’impresa.
Vi sono, a questo proposito, diverse posizioni, che nella loro molteplicità mostrano che il problema non sia ben compreso e, quindi, nemmeno bene impostato.
Le responsabilità vengono attribuite, per lo più, al fatto che la formazione dei nuovi tecnici sia focalizzata sulle nozioni teoriche, non sia aggiornata rispetto alle ultime tendenze e alle nuove tecnologie, non prepari i giovani all’immediato impiego in azienda e obblighi, nella quasi totalità dei casi, ad accompagnarli in un lungo e costoso percorso di crescita aziendale.
Con un approccio opposto, invece, in sede di formazione universitaria, sarebbe auspicabile disporre di un’offerta di risorse umane giovani, brillanti, pronte all’applicazione pratica delle loro conoscenze e delle loro abilità.
Queste idee, a mio parere, anche se mosse da esigenze comprensibili e generate dalla morsa di difficoltà reali e nient’affatto trascurabili del mondo industriale, tradiscono un’incolpevole, ma evidente superficialità.
L’università (parlo per lo più delle facoltà scientifiche e, in particolare, ingegneristiche) si rivolge a una platea di studenti ampia. Non può, se non negli ultimi frangenti del percorso di studi, adattare i propri programmi al carattere e alla vocazione dei singoli studenti, né, tanto meno, per il suo carattere pubblico e universale, orientare lo studio verso le esigenze tecnologiche di una sola azienda e, nemmeno, di un solo settore. Se questa fosse l’impostazione, l’enorme velocità con la quale le tecnologie evolvono imporrebbe una continua modifica dei programmi e una difficile stratificazione delle conoscenze e comprensione dei problemi proprio nei docenti universitari, che insegnano sulla base di competenze approfondite e mai superficiali, non improvvisate di anno in anno, ma alimentate continuamente e faticosamente dalla ricerca libera e avanzata.
Ancora, la vera comprensione dei problemi, dei dispositivi e dei metodi di lavoro da parte dei tecnici, avviene, certo, con la partecipazione a un serrato programma di applicazione sperimentale, ma non ha successo se non poggia su di una solida base teorica, che spieghi il perché di azioni, rimedi e metodologie e che aiuti all’interpretazione corretta dei risultati come stimoli allo sviluppo di approcci nuovi.
La verità, come al solito, sta nel mezzo.
Nel senso che non esiste una soluzione che attribuisca una chiara responsabilità a una particolare categoria o a un singolo elemento di questo ingranaggio.
La soluzione possibile è nella consapevolezza di fronteggiare un sistema complesso che coinvolge diversi attori, i quali combattono battaglie su terreni diversi e vengono in contatto tra loro passandosi, come in una staffetta, il testimone costituito dai giovani tecnici, da una parte, formati e, dall’altra, utilizzati per il loro bagaglio di conoscenze, competenze e abilità.
Ognuno dovrà fare la sua parte nella certezza che ogni aspetto della crescita culturale degli allievi si tradurrà in ricchezza per le industrie e per l’intero Paese.
Le università devono seguitare nel loro impegno a creare professionisti in grado di affrontare problemi sempre nuovi.
Gli imprenditori devono convincersi che la più grande ricchezza di cui disporranno è quel capitale umano in grado di apportare una cultura diversa nelle loro realtà industriali, nella certezza che solo un atteggiamento diverso verso gli stessi problemi porta a ricette davvero nuove e alla competitività sul mercato.
La vera innovazione discende dai tentativi di introdurre nuove conoscenze, diverse da quelle sempre praticate, talvolta addirittura provenienti da settori distanti dalle realtà oggetto di attenzione, mutuando soluzioni che funzionano su principi lì mai applicati.
Allora, invece di richiedere giovani già pronti a reiterare modi e approcci già esistenti, gli imprenditori dovrebbero apprezzare il lavoro di chi garantisce professionalità ampie e spiccata vocazione all’approccio multidisciplinare, immaginando percorsi di formazione interni alle proprie realtà per informare su quanto già esiste, senza comprimere il contributo originale dei giovani collaboratori.
E i professori, ognuno facendo tesoro delle conoscenze acquisite e maturate con attività di ricerca il più possibile condivise con gruppi ampi e multidisciplinari, dovrebbero aver cura di fare didattica per formare ragazzi in grado di esprimere liberamente personalità e passione, comunicare loro una mentalità tanto basata su princìpi saldi e adatta alle materie di cui si occupano, quanto aperta. I professori, allora, dovranno impegnarsi nel coniugare lezioni di teoria in aula su vecchie e nuove tecnologie con la sperimentazione pratica nei loro laboratori di ricerca.
Se ognuno svolgerà la sua funzione, senza attribuire le responsabilità di eventuali insuccessi agli altri, in questo ambiente, sano ed effervescente, l’innovazione potrà scaturire facilmente, popolato da giovani con idee nuove e in grado di applicarle, non portati a percorrere strade già segnate, ma spinti a proporre soluzioni nuove e pronti a confrontarsi con un mondo in continuo divenire, complesso e multidisciplinare.
Con questo sfondo, il focus di Ingegneria dell’Innovazione di Tekneco.it si candida a costituire anche una vetrina per giovani volenterosi e appassionati, che tengono a valorizzare le loro migliori attività svolte al termine dei loro studi universitari, raccontandole e ponendole all’attenzione del mondo industriale e professionale.