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No all’ubriacatura da innovazione

Editoriale a cura del prof. ing. Giuseppe Starace

Facile cedere alla tentazione di inseguire l’innovazione indotta dal progresso tecnologico e inebriarsene, in particolare quando promette svolte mirabolanti a fronte di uno sforzo solo apparentemente ridotto e poco impegnativo.

Se si pensa a come l'informatica sia attraente perché sembra prendersi carico di ogni problema per risolverlo in maniera automatica, è facile comprendere come si possa smarrire il senso della misura nell'affidarsi a lei. È convinzione ormai troppo diffusa che se c'è bisogno di qualcosa che risolva un problema tecnico, qualcuno nel mondo informatico ci ha già pensato e ha già una soluzione pronta all’uso. L’unica difficoltà sembra essere quella di scovare in rete quella soluzione e acquistare il relativo software, per installarlo e lasciar fare a lui.

E, invece, non è così.

L’approccio, molto seducente, trascura ogni descrizione delle situazioni particolari. Ogni aspetto legato alla singola realtà parrebbe sparire di fronte a un mondo oramai standardizzato e uguale a sé stesso, fatto di situazioni sovrapponibili e riconducibili a casistiche già esplorate.

Se chi ha a che fare con i sistemi industriali, quelli alla base della produzione di beni e servizi ai quali sul mercato è richiesto di garantire le prestazioni dichiarate, è convinto che esistano soluzioni standard preconfezionate, è davvero facile che imbocchi una strada molto rischiosa e, talvolta, senza uscita.

Chi tratta giornalmente con le questioni legate alla confezione di prodotti e servizi si rende conto ben presto che la sua realtà imprenditoriale, tanto più se di ridotte dimensioni, il più delle volte manca delle condizioni di base perché siano applicabili soluzioni generali.

Nelle fasi attuative dei programmi aziendali, c’è sempre bisogno di soluzioni che interagiscano almeno con

  • processi interni e procedure ben definite, stabiliti condividendone limiti e potenzialità con chi li attuerà nella pratica, facendo affidamento su di un know-how sviluppato nel tempo con l’apporto di tante professionalità, che hanno curato una crescita lenta e dedicato attenzione particolare ad ogni suo aspetto;
  • continue verifiche prestazionali, con il ricorso a test (condotti su banchi prova per il manifatturiero, o sviluppati in ambienti di simulazione per l’industria dei servizi) che stimolino reazioni misurabili e valutabili in un’ottica di miglioramento graduale e di obiettivi chiari che riguardano l’output dell’attività d’impresa o i processi che ne consentono il funzionamento;
  • l’aggiornamento alle normative di settore che regolano il settore e l’interazione con gli enti che parlano un linguaggio e rappresentano interessi potenzialmente molto diversi da quelli dell’imprenditore;
  • gli equilibri dell’ambiente aziendale fatto di persone con caratteri, aspettative e ambizioni diverse, le cui presenza e soddisfazione sono di fondamentale importanza per la continuità delle attività produttive di creazione del valore;
  • la necessaria snellezza dei processi decisionali che, talvolta, è l’unica chiave per affermarsi sul mercato con novità apprezzate e di successo.

E, allora, anche con l’aiuto di consulenti capaci e rispettosi di ambienti teatro di dinamiche singolari, per gli imprenditori è necessario reperire soluzioni sviluppate ad hoc per la propria realtà aziendale (o, come si dice in gergo, verticalizzate) che adeguino un approccio generale, tipico dei programmi software, al proprio caso, rimuovendo funzionalità anche avanzate e apprezzabili, ma talvolta inutilizzabili per sé, a favore dello sviluppo di altre con potenziale di impatto elevato.

Inevitabile, quindi, in particolare nel difficile processo di innovazione delle imprese, fare affidamento su di una capacità di leadership, consapevole di questo difficile equilibrio tra il necessario cambio di passo legato a un’informatica sempre più potente e, per certi versi, invadente, che ha certamente conferito alle imprese una gestione più veloce e meno affetta da errori nella proposizione di attività ripetitive, e la graduale valorizzazione di quanto già presente, in assenza di traumi.

Ciò anche e soprattutto in considerazione degli inevitabili costi che un cambiamento, radicale in prospettiva, induce, come anche di quelli che, di converso, nascerebbero da un approccio eccessivamente conservativo dell’impostazione tradizionale.