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Infrastrutture verdi: integrare l’ecologia in ambiente urbano

Con l’impiego di infrastrutture verdi è possibile pianificare città sostenibili enfatizzando il ruolo dei processi ecologici

“Una rete di aree naturali e seminaturali pianificata a livello strategico con altri elementi ambientali, progettata e gestita in maniera da fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici”. Così la commissione europea, nell’ambito della Strategia Europea per la Biodiversità 2020, ha definito le infrastrutture verdi nel sottolineare il loro ruolo chiave nel mantenere la diversità biologica in ambienti urbani sostenibili. Il ricercatore Jack Ahem, della University of Massachusetts, ha condotto una profonda analisi del concetto e delle sue possibili applicazioni.

In che modo gli ambienti artificiali vanno ad integrarsi con i processi ecologici essenziali? Per funzionare, un qualunque ecosistema, sia esso urbano che naturale, ha bisogno di meccanismi che ne assicurano la sussistenza nello spazio e nel tempo. Protezione da eventi climatici estremi, riciclo dei nutrienti, purificazione dell’aria e dell’acqua, sono solo alcune di queste funzioni basilari. In territori fortemente antropizzati, questi processi vengono meno. La connettività, ovvero il grado con cui un paesaggio facilita il flusso di energia, materia, nutrienti, specie o persone, è una delle proprietà inesorabilmente compromesse in ambiente urbano. “Negli ambienti urbani o costruiti – spiega Jack Ahem - le strade rappresentano il più grande ostacolo alla connettività e sono il principale contributo alla frammentazione”. Un ambiente “non connesso” è un ambiente in cui quelle funzioni essenziali al suo sostentamento mancano, e così aria insalubre ed acqua inquinata, prendono prepotentemente la scena.

Alla luce di queste ed altre numerose problematiche che affliggono le nostre città, le infrastrutture verdi rappresentano un potente strumento per far sì che l’ago della bilancia penda verso la sostenibilità.

Da New York a Berlino, gli esempi applicativi sono numerosi. Emblematico, quello della capitale economica degli Stati Uniti. NYC, caso estremo di artificializzazione di un territorio, ha visto lo sviluppo di un programma di integrazione di 16 piccoli bacini idrici urbani a creare un sistema “naturale” di purificazione dell’acqua piovana. “Il programma Bluebelt – questo il nome del progetto - ha avuto successo nel ridurre la quantità e la velocità del deflusso e nel rimuovere i contaminanti grazie all’introduzione di piante acquatiche per il biorisanamento”, ha precisato Ahem. È proprio in un contesto come questo che l’importanza della connettività viene compresa. Quelle 16 zone umide dell’area metropolitana di New York, se isolate, non sarebbero state in grado di fornire il servizio ecosistemico di purificazione dell’acqua. Servizio che, ad oggi, ha permesso un risparmio di 80 milioni di dollari per le casse newyorkesi.  

Ma veniamo in Europa. Nel 2017 si è tenuta l’European Urban Green Infrastructure Conference (EUGIC), l’appuntamento biennale che pone al centro dell’attenzione proprio le infrastrutture verdi. Nell’ambito della conferenza sono stati premiati i tre progetti più virtuosi. Il primo, è un progetto bulgaro pensato per la città di Sofia: boxScape, una struttura green modulare da installare nelle aree inutilizzate della città. Di entità decisamente differente è invece il progetto spagnolo Zaragoza Life Natural: migliorare la connettività e proteggere la biodiversità delle aree naturali della città attraverso il ripristino di fiumi, foreste e steppe. Il terzo premio, infine, è spettato al progetto londinese The Green Grid: la conversione del quartiere London Bridge in un distretto verde grazie alla messa a dimora di nuovi alberi, alla realizzazione di percorsi pedonali e ciclabili e all’implementazione di aree verdi. Il nuovo appuntamento con l’EUGIC è previsto per Aprile 2019 proprio a Londra, dove nuovi progetti verranno presentati e premiati.

Come è evidente, il concetto di infrastruttura verde spazia molto così come la scala spaziale alla quale è possibile applicarlo. “Un concetto in evoluzione – ha concluso il ricercatore - per fornire funzioni abiotiche, biotiche e culturali a sostegno della sostenibilità”.

Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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