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L’Australia brucia: cause, danni e cambiamento climatico

Fino a ora sono andati in fumo 8,4 milioni di ettari di terreno rilasciando 250 milioni di tonnellate di CO2 in atmosfera.

L'Australia brucia. Non si contano più i danni, centinaia di migliaia gli sfollati, mezzo miliardo se non di più - il WWF parla di un miliardo - gli animali morti, e siamo solo all'inizio dato che la stagione estiva è appena iniziata. Secondo gli ultimi dati sono stati ridotti in cenere 8,4 milioni di ettari di terreno rilasciando 250 milioni di tonnellate di CO2 in atmosfera, l'intero sistema Italia ne emette circa 430 milioni l'anno (nel 2017), tanto per fare un esempio. C'è talmente tanto fumo da quelle parti che sono diventati marroni persino i ghiacciai in Nuova Zelanda. Normalmente, le temperature raggiungono il picco a gennaio e febbraio, il che significa che il paese potrebbe essere a mesi di distanza dal trovare sollievo.

Le cause
Ogni anno c'è una stagione degli incendi in Australia, per via del clima caldo e asciutto che facilitano l'avvio e la diffusione delle fiamme. Le cause naturali sono da imputare ai fulmini che colpiscono le foreste già preda della siccità. Tra le cause anche gli incendi dolosi. A Intensificare il tutto c’è poi il cambiamento climatico: l'Australia sta vivendo una delle peggiori siccità degli ultimi decenni, e a dicembre un'ondata di calore ha battuto il record per la più alta temperatura media a livello nazionale, con alcuni luoghi che hanno dovuto sopportare temperature ben oltre i 40 gradi Celsius. In più, i forti venti hanno agevolato la propagazione degli incendi.

I danni
Intere città sono state inghiottite dalle fiamme e i residenti di diversi stati hanno perso la propria abitazione. Il danno strutturale più pesante si è verificato nel Nuovo Galles del Sud, lo stato più popolato del paese, dove 1.588 case sono state distrutte e altre 650 danneggiate.
In totale, oltre 7,3 milioni di ettari sono stati bruciati nei sei stati maggiormente colpiti, un'area più ampia di Belgio e Danimarca messe insieme. Lo stato più colpito è il Nuovo Galles del Sud, con oltre 4,9 milioni di ettari bruciati.
Per far comprendere meglio la situazione, basti pensare che gli incendi della foresta pluviale amazzonica del 2019 hanno bruciato oltre 7 milioni di ettari di bosco. In California, invece, zona nota per i suoi incendi mortali, nel 2019 sono stati bruciati poco più di 100 mila ettari e circa 405 mila ettari nel 2018. Un totale di 24 persone in tutta l'Australia sono morte, tra cui diversi pompieri volontari.
Come detto, le stime parlano di mezzo miliardo o addirittura di un miliardo di animali morti fino a ora. Quasi un terzo dei koala nel Nuovo Galles del Sud potrebbe essere stato ucciso tra gli incendi e un terzo del loro habitat è andato distrutto, ma altre specie che vivono in ambienti più di nicchia, come rane e uccelli, potrebbero essere completamente spazzati via, decretandone l’estinzione.

Qualche mese fa il ministro delle risorse australiano Matt Cavan, in merito allo sciopero studentesco sul clima, ha dichiarato che partecipando si "impara giusto a fare la fila per il sussidio di disoccupazione". Sulla stessa linea il primo ministro Scott Morrison che continua a fare disinformazione sulla crisi climatica negando ciò che la scienza ribadisce con assoluta certezza: sebbene non tutti gli incendi siano originati da eventi estremi, le alte temperature e i periodi siccitosi sempre più lunghi rendono impossibile combattere questo genere di emergenza diventata, nel frattempo, una triste consuetudine. Ovviamente, non è colpa della politica se l’Australia ha la sua stagione degli incendi, ma è colpa della politica il non fare nulla per contenere il problema, l’irresponsabilità dimostrata quando si dice il falso sulle cause e gli effetti del cambiamento climatico.
L’Australia, insieme a Cina, India, Stati Uniti e Arabia Saudita, tanto per fare qualche nome, è stata tra le nazioni a giocare al ribasso, facendo fallire l’ultimo summit sul clima di Madrid (COP25). Il Continente è il primo paese al mondo per esportazione di carbone (la forma più “sporca” per produrre energia) e gas, e sappiamo bene quanto i combustibili fossili siano responsabili dell’aumento della temperatura che rende sempre più difficile spegnere gli incendi. Per fare prevenzione, ed evitare situazioni ben peggiori in Australia e nel resto del mondo, serve per prima cosa lasciare i fossili sotto terra, ma il governo australiano continua a difendere l’industria e in particolare quella legata al carbone: cos’altro dovrà succedere per cambiare rotta?

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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