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Italia: il 70% dell’olio di palma utilizzato va nel serbatoio

L’olio di palma serve soprattutto per produrre biocarburante e biodiesel. Spacciato per componente green, in realtà ogni litro comporta il triplo delle emissioni di CO2 del gasolio fossile

Siamo uno dei paesi europei che consuma maggiormente oli vegetali per scopi energetici e la cosa avviene spesso all’insaputa dei consumatori, condizionati da pubblicità fuorvianti e da un’informazione che poco si occupa di questi temi, seppur decisivi per il benessere personale e del pianeta.
La denuncia arriva dall’ultimo dossier di Legambiente dal titolo “Più olio di palma nei motori che nei biscotti” che, appunto, descrive l’uso da parte del sistema Italia di questo famoso olio vegetale. Nonostante sia infatti passato alla ribalta mediatica per la sua presenza in diversi alimenti, “senza olio di palma” è il refrain mediatico che ci accompagna ormai da anni, la sua applicazione è ancora sconosciuta alla maggior parte dell’opinione pubblica, convinta che eliminato il problema “biscotti” si sia vinta la battaglia della deforestazione.
Eppure con l’olio di palma non produciamo solo dolciari o detergenti ma, soprattutto, biocarburanti e biodiesel, basti pensare che il 67% delle importazioni di olio di palma in Europa è destinata a questi settori, quota che tocca il 70% per l’Italia.
Per usi energetici, il nostro Paese ha “bruciato” nel 2019 oltre un milione di tonnellate di olio di palma, mentre sono 150mila le tonnellate di olio di semi di girasole e 80mila quelle di olio di soia. Prodotti vegetali provenienti quasi totalmente da piantagioni indonesiani e malesi, fattore che crea un grosso danno a queste grandi foreste tropicali del mondo, che hanno perso negli ultimi vent’anni alberi e torbiere (ecosistema ricco di biodiversità, molte efficace per esempio nello stoccaggio della CO2) per oltre 33 milioni di ettari.
Un fenomeno che genera ingenti danni climatici, ogni litro di olio di palma comporta il triplo delle emissioni di CO2 di un uguale volume di gasolio fossile, e danni per la biodiversità, vengono così distrutti habitat di specie vegetali e animali come l’orango, la tigre e il rinoceronte. Senza dimenticare che la continua violazione di questi ecosistemi aumenta il rischio di nuove zoonosi, malattie infettive passate dagli animali all’uomo (è il caso del Sars Cov2 da cui è scaturita la pandemia che stiamo vivendo).

Secondo un’altra associazione ambientalista, che si occupa di monitorare la transizione nel settore dei trasporti, Transport & Environment, nel 2019 i conducenti europei hanno consumato attraverso la combustione dei motori una quantità di olio di palma 22 volte maggiore rispetto a quanto ne ha usato la Ferrero per la produzione della Nutella e degli snack Kinder consumati in tutto il mondo; 15 volte di più di quanto consumato invece dal gruppo Mondelez (Oreo e Cadbury) per i loro biscotti e cioccolatini; quattro volte di più dell’olio di palma impiegato da Unilever per tutti i propri prodotti detergenti in tutto il mondo.
“Mentre sulle confezioni o sui siti web dei prodotti alimentari o dei detergenti e dei cosmetici è riportata la loro composizione – dichiara Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente – i distributori di carburante o i produttori di energia elettrica che bruciano olio di palma lo nascondono nella migliore delle ipotesi, giustificano il sovraprezzo propagandando caratteristiche genericamente green, rinnovabili o vantaggi ambientali inesistenti. Greenwashing, come ha appurato il 15 gennaio scorso l’Autority a proposito dell’Eni-diesel+ del nostro principale ente petrolifero”.

Inoltre, Legambiente ha fatto qualche conto sui costi che cittadini e imprese sono costretti a sostenere non per il ripristino, ma per la distruzione degli ecosistemi forestali. Secondo l’associazione, infatti, ogni automobilista italiano paga, in media, 16 euro all’anno per le così dette “rinnovabili” nel serbatoio, che in pratica tutto sono fuorché rinnovabili. La cifra complessiva è di circa 300 milioni di euro nel 2019 per la sola componente olio di palma (che rappresenta quasi la metà dell’intero biodiesel utilizzato). E c’è di più: cittadini e imprese, pagano nella bolletta elettrica una piccola quota aggiuntiva per i biocombustibili (composta da circa il 69% da olio di palma e di soia). In pratica vengono elargiti sussidi per quasi 600 milioni di euro alla sola componente degli oli alimentari.
“Quindi – prosegue Andrea Poggio – poco meno di 900 milioni di euro all’anno per distruggere foreste in tutto il mondo e aumentare le emissioni di CO2. Tra l’altro in aperta violazione della nuova direttiva europea sulle energie rinnovabili che impone la comunicazione della composizione e della fonte del carburante e dell’elettricità venduta al consumatore”.

Per porre fine a questo vero e proprio “inganno verde” a danno dei cittadini, Legambiente ha scritto ai senatori della Commissione Affari Europei del Senato e ai ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, inviando loro precise proposte di emendamenti al disegno di legge sul recepimento della nuova direttiva rinnovabili, attualmente in discussione al Senato.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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