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Seads, la start up per ripulire il mare

Il progetto prevede l'istallazione di barriere nei fiumi che fanno confluire i rifiuti verso un bacino di raccolta, dove poi vengono accumulati, prelevati e avviati al riciclo
  • Fabio Dalmonte

    Fabio Dalmonte

  • Mauro Nardocci

    Mauro Nardocci

Si chiama Seads (Sea Defence Solution), la start up italiana con sede a Londra, nata con l'obiettivo di prevenire il problema dell’inquinamento dei mari. Il progetto prevede l'istallazione di barriere nei fiumi che fanno confluire i rifiuti verso un bacino di raccolta, dove poi vengono accumulati, prelevati e avviati al riciclo. Il fondatore di questa start up si chiama Fabio Dalmonte, il direttore della comunicazione invece si chiama Mauro Nardocci, la start up ha partecipato ad uno “start-up contest” indetto da Impact Hub di Milano ed è stata premiata dagli sponsor WWF e Bulgari con un grant (utile a completare il deposito del brevetto) e un periodo di consulenza ricevuta dall’incubatore Impact Hub. L'intervista a Fabio Dalmonte.

Come è nata l’idea della vostra Start Up?

Circa 4 anni fa ho portato a termine uno studio riguardo lo stato di inquinamento del fiume Cilliwung che attraversa Jakarta. Inoltre, ho sviluppo uno studio in collaborazione con il dipartimento di Ingegneria civile dell’Universitas Indonesia, sullo stato della gestione dei rifiuti a Jakarta. È in questo periodo che ho incominciato ad osservare l’enorme problema dei rifiuti che, trasportati dai fiumi in quantità, finiscono nel golfo di Jakarta creando svariati problemi che sono elencati spesso dai media ma anche problemi di diminuzione del turismo, problema che ha un impatto particolarmente elevato nelle piccole isole dove questo settore è la principale se non unica fonte di reddito della popolazione. Nasce da lì l’idea delle barriere galleggianti e rigide che possano fermare i rifiuti prima che entrino nei mari e senza impattare in maniera negativa il fiume e la fauna fluviale. Inoltre, Le barriere sono state pensate in modo da non impedire il passaggio di barche.

La struttura è pensata in modo da costituire una soluzione permanente, è quindi disegnata per resistere a condizioni di piena e a oggetti di dimensioni rilevanti (come ad esempio tronchi di alberi) che vengono trasportati dai fiumi. Lo studio per sviluppare le barriere e per depositare il brevetto è stato concluso grazie all’aiuto del mio collega Ing. Simone Botti che lavora come consulente nel settore edilizio nella zona di Ravenna e prima in Nord Africa. Durante questa fase abbiamo partecipato ad uno “start-up contest” indetto da Impact Hub di Milano e siamo stati premiati dai relativi sponsor dell’iniziativa WWF e Bulgari con un grant (utile a completare il deposito del brevetto) e un periodo di consulenza ricevuta dall’incubatore Impact Hub. La start-up è italiana ma con sede a Londra e le principali attività, al momento, sono svolte tra Londra e sud Inghilterra. Nonostante questo, stiamo inviando richieste di fondi in collaborazione con il Politecnico di Milano e l’Università’ di Firenze tramite il consorzio di università CoNISMa e continuiamo ad aver rapporti con il WWF Italia e potenziali sponsor Italiani. Inoltre, conoscendo i risultati degli studi che indicano quanta plastica viene accumulata nei nostri mari Adriatico e Mediterraneo, mi sta molto a cuore fare qualcosa per salvaguardare i nostri mari, spostare la sede in Italia è sicuramente una possibilità che stiamo valutando.

Di che si tratta? Quali i vantaggi e gli svantaggi?

Una volta identificato il problema, ovvero l’enorme quantità di rifiuti che i fiumi purtroppo raccolgono e trasportano e immettono negli oceani, abbiamo incominciato a studiare una possibile soluzione. Fin dall’inizio le parole d’ordine sono state “semplicità” e “sicurezza”: era importante che la struttura avesse un minore impatto possibile sul flusso del fiume e nessun impatto negativo sulla fauna e flora fluviale, che richiedesse bassa manutenzione e che fosse relativamente economica. La struttura è quindi dotata di un sistema di apertura nel caso imprevisti lo richiedano (ad esempio in caso di alluvione le barriere potrebbero essere aperte). Questi elementi ci hanno portato ad identificare come soluzione migliore le barriere galleggianti rigide che, sommerse per circa un metro sotto il livello del fiume, creano una corrente trasversale al flusso del fiume e trasportano le plastiche e i rifiuti che galleggiano e che si accumulano nel primo tratto della colonna d’acqua verso il bacino di collezione. Qui i rifiuti vengono accumulati, raccolti periodicamente e indirizzati verso il riciclo. Le barriere seguono l’innalzarsi e abbassarsi delle acque dei fiumi rimanendo così efficaci. Le griglie alla fine di una delle barriere e prima del bacino di collezione permettono di mantenere il flusso trasversale che trasporta i detriti nel bacino di collezione. Questa soluzione è semplice ed efficace e non fa altro che riprodurre e accentuare ciò che già accade in natura: i detriti trasportati dai fiumi si accumulano in zone di corrente morta e spinti dal moto ondoso delle acque si accumulano sulle rive. Quello che abbiamo fatto è stato accentuare questo processo e fare in modo che una volta accumulato, il materiale non venisse spazzato via nuovamente dalla corrente durante la successiva piena. Le barriere saranno costruite in plastica e acciaio entrami materiali riciclabili. Crediamo assolutamente nella necessità di sostituire le plastiche con materiali più eco-compatibili, ma è necessario considerare che il vero problema dell’inquinamento da plastiche è la dispersione. Se questo non accadesse e fossimo in grado di chiudere il circolo riciclando tutte le plastiche, questo materiale sarebbe un problema ben minore. Inoltre, sostituendo le plastiche con altro materiale dovremo stare attenti a quali altre materie prima utilizzeremo. Se dovessimo sostituire tutte le plastiche con materiale di origine vegetale dovremmo tenere sotto controllo il rischio di dedicare terreno agricolo a colture non orientate all’alimentazione umana e in questo modo ridurre le nostre riserve di cibo, già non abbondanti nei paesi in via di sviluppo.

Gli aspetti positivi sono:

-          Fornire una soluzione efficace e di lungo termine al problema del contributo dei fiumi all’inquinamento degli oceani.

-          Soluzione standard, ma che si adatta a diverse situazioni (abbiamo bene in mente che ogni fiume presenta specifiche caratteristiche)

-          Impatto minimo sul flusso del fiume e nullo su flora e fauna fluviale.

-          Permette il passaggio di barca e altri natanti.

-          Bassa manutenzione, semplice da costruire e da installare.

-          Non richiede azionamento da parte di operatori se non per la raccolta periodica dei rifiuti e in casi di manutenzione straordinaria.

-          In paesi in via di sviluppo rappresenterà la possibilità della creazione di posti di lavoro e di generazione di profitto dovuto alla vendita dei materiali raccolti, selezionati e inviati al riciclo. Un aspetto del progetto prevede il supporto a comunità’ locali per la creazione di piccoli centri di gestione rifiuti che tratteranno i rifiuti raccolti dalle barriere ottenendo profitto. In “cambio” ci sarà il loro interesse a mantenere le barriere efficaci e efficienti per permettergli di mantenere il loro profitto. L’obiettivo sarà anche estendere questi centri in modo da poter permettere la raccolta e trattamento dei rifiuti di zone residenziali circostanti. Questo avrà un altro impatto molto positivo contribuendo a migliorare la gestione dei rifiuti locale.

-          Le barriere possono anche avere una funzione di riduzione del rischio di esondazioni. Se costruite prima zone critiche come ad esempio ponti, le barriere raccoglieranno detriti come ad esempio rami e alberi che se accumulati contro i piloni dei ponti o altre zone sensibili possono rappresentare un pericolo. Le Barriere raccoglierebbero questo materiale costantemente e gradatamente facendo in modo che non si accumuli in zone pericolose.

Alcune sfide che dovremmo gestire sono:

-          Valutazione delle interazioni delle barriere sul flusso del fiume. L’impatto come già detto sarà molto contenuto, ma sarà comunque importante fiume per fiume effettuare simulazioni digitali per valutare ogni specifica eventualità. Per questo la collaborazione degli ingegneri del politecnico di Milano e Uni di Firenze e UWS sarà assolutamente preziosa.

-          Il dialogo con le autorità locali: molti paesi in via di sviluppo e non (vedi America) possono essere più o meno interessati ai temi ambientali e quindi potrebbe in alcuni casi risultare più complesso convincere questa amministrazione a dedicare risorse per risolvere i problemi derivate dalle plastiche. Il nostro network nel settore accademico e una futura campagna di sensibilizzazione saranno due degli strumenti che utilizzeremo per superare questi ostacoli.

Che tipo di percorso avete seguito? (finanziamento, avvio, mantenimento) e da chi siete stati affiancati?

Come anticipato 2 anni fa Impact hub Milano ci ha supportato offrendo un percorso di incubazione inoltre il CEO di impact hub è ora il nostro Advisor. Dopo aver completato la proof of concept costruendo un prototipo in scala ridotta abbiamo depositato il brevetto. Al momento stiamo organizzando una campagna di crowdfunding e comunicazione/sensibilizzazione sul tema che lancerà il progetto.

Qual è stata la parte più difficile da affrontare?

La parte più difficile è quella che stiamo affrontando ora, ovvero raccolta risorse finanziarie in modo da poter lanciare il progetto su scala mondiale. Sicuramente una sfida sarà dialogare con le amministrazioni pubbliche e in alcuni casi la burocrazia.

Che tipo di riscontro avete avuto da parte del pubblico?

Il riscontro è stato sorprendentemente positivo fino dagli inizi del progetto. I primi riscontri positivi che ci hanno gratificato molto e che sono stati molto utili alla prosecuzione del progetto sono ad esempio stati quelli del WWF che ci ha premiato in seguito al contest di start up indetto da Impact Hub. Continuiamo tuttora la discussione con il WWF e manteniamo i contatti. Riscontri positivi molto importanti sono stati da parte di Bulgari e Bolton Food (il quale ha premiato la nostra start up durante la fiera Seeds&Cheaps. Diverse grosse aziende internazionali hanno espresso il loro interesse ad offrire il loro supporto e al momento stiamo discutendo possibili future collaborazioni.

Quale tipo di supporto credete sia opportuno per la prosecuzione di successo di una start up?

Il team è al completo e siamo stati in grado di creare un network solido. Tutte le competenze sono incluse nel team per poter raggiungere con successo i nostri obbiettivi. Ora è necessario un supporto finanziario che ci permetta di proseguire nei nostri prossimi step. Il piano per ottenere questo supporto è stato elaborato e al momento stiamo portando avanti le discussioni con i possibili sponsor e stiamo lavorando per lanciare la compagna di crowdfunding.

Quali saranno i prossimi step?

-          Collaborazione con sponsor

-          Lancio della campagna di crowdfunding e comunicazione/sensibilizzazione

-          Finalizzazione dello studio per l’implementazione della struttura dei fiumi che contribuiscono maggiormente all’immissione di plastiche negli oceani. Studio che verrà effettuato in collaborazione con il CoNISMa (Politecnico di Milano, uni di Firenze) e University of the West of Scotland.

-          Costruzione della prima struttura in scala reale

-          Costruzione delle barriere nei 10 fiumi identificati come quelli che contribuiscono al 90% delle plastiche che entrano negli oceani di tutto il mondo.

-          Fermare il 70% delle plastiche che vengono immesse negli oceani dai fiumi.