Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983. Il sito web di Sergio Ferraris, giornalista scientifico.
Città: un problema di programma
Disegnare le città. Una pratica storica ma che assume un'importanza inedita Oggi. Una città poteva, un tempi, passare dall'essere capitale a porto commerciale, oppure diventare protagonista di un certo tipo d'industrializzazione. Tutti cambiamenti di ruolo che in passato avevano dei tempi, e degli indirizzi, precisi. Oggi, e sempre più in futuro, le mutazioni delle città saranno sempre più problematiche. Da un lato c'è il problema della conservazione del passato, particolarmente sentito in Italia dove l'adeguamento delle città è sempre molto problematico, mentre dall'altro c'è il sommarsi delle diverse esigenze introdotte dalla sostenibilità. E mettere assieme il puzzle delle nuove città è sempre più complesso. L'aumento del verde nelle città, per esempio, le porta a diventare delle specie di giardini, nelle quali le dimensioni si dilatano e, in assenza di un trasporto pubblico efficiente, aumenta il numero delle autovetture private. Come nel caso di Roma che pur essendo al settimo posto globale tra le città verdi, con 166,47 metri quadri di verde pro capite e si piazza al decimo posto per quanto riguarda la percentuale di spazio verde, 33,8% e addirittura al secondo per riserve naturali con 135 metri a testa dietro a Reykjavik, è, allo stesso tempo al top della classifica, negativa, circa la densità di autovetture con 71 vetture ogni 100 abitant. Altre capitali europee, sono abbondantemente al di sotto come Parigi 45, Barcellona 41, Londra 36, Berlino 35 e Madrid con 32 ne ha meno della metà. Nello stesso tempo le città compatte, giudicate da urbanisti e architetti, molto più efficienti. Questo tipo di città, infatti, sono più sostenibili perché beni, servizi e persone si muovono e agiscono utilizzando meno risorse e la vicinanza tende a favorire la vita in comunità. Però queste ultime hanno per l'appunto il problema dell'adeguamento a nuovi servizi, come i mezzi pubblici, le reti informatiche e i sistemi i condivisione condivisi.
Non esistono in realtà ricette uniche per la sostenibilità urbana, perché non c'è una città che sia uguale a un'alta per struttura, storia, clima e costituzione sociale. E per questa ragione l'aumento della sostenibilità urbana deve essere un lavoro di alta sartoria, fatto caso per caso. In questa maniera diventa possibile sfruttare al meglio le peculiarità delle città e in alcuni casi addirittura ribaltare quelle che a prima vista sono delle barriere. Esempi di ciò si trovano, per esempio, nell'esperienza di Bohmte, nell'ovest della Germania, dove per aumentare la sicurezza stradale e disincentivare l'uso dell'auto da dieci anni sono stati aboliti sia i marciapiedi sia i segnali stradali. Sembrerebbe un controsenso e invece l'insicurezza che si genera negli automobilisti quando si trovano di fronte a degli spazi ai quali non sono assegnati dei ruoli precisi, ha limitato sia la velocità, sia l'uso dell'auto. Diminuendo gli incidenti.
Strutture inutilizzate che dovrebbero essere abbattute possono essere riutilizzate per altri scopi come le linee dismesse della metropolitana che nei tratti non interrati, a New York, son state trasformate in aree verdi a uso esclusivo pedonale. L' High Line, la vecchia linea metropolitana per il trasporto merci della città di New York è diventata, grazie al progetto dagli architetti James Corner Field Operations e Diller Scofidio + Renfro, un vero e proprio parco che corre per ventidue isolati, con una vista panoramica sul fiume Hudson, tra il verde sospeso a oltre dieci metri d'altezza.
Il problema di fondo è, però, il fatto che la sostenibilità produce molto valore che è aggregato e perciò difficile da contabilizzare, specialmente in ambito urbano e questo è un grosso problema specialmente quando si fanno delle analisi costi/benefici che secondo gli indicatori odierni potrebbero portare alla stasi nell'evoluzione delle città, ma è una situazione che potrebbe rapidamente cambiare sotto ai colpi dei cambiamenti climatici. Bisogna considerare il fatto che sulla questione adattamento ai cambiamenti climatici quasi nessuna città è pronta, e per molte questo argomento non è all'ordine del giorno, mentre le fragilità di molti tessuti urbani sono più che evidenti. Miami, per esempio, spende oltre 400 milioni di dollari ogni anno per sistemi di pompe idrovore usate per non fare allagare le strade, mentre sono all'ordine del giorno dissesti idrogeologi in molte città di tutto il Pianeta. A cominciare dalla nostra Italia. I cambiamenti climatici saranno l'ennesimo pezzo del puzzle delle nuove città.