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Amianto, da rifiuto a risorsa. L'idea di Microwaste

Trasformare l'amianto in materiale edile, ecco il progetto della start up piemontese Microwaste

Dopo il recente incendio al sito di stoccaggio rifiuti speciali Eco X, all'altezza del chilometro 33 della via Pontina Vecchia a Pomezia la necessità di accelerare il processo di bonifica dall’amianto presente negli edifici pubblici, privati e industriali, si è fatta sempre più grave, tornando a preoccupare gli italiani.

Nel settore della bonifica opera da pochissimo tempo anche una startup di I3P, l’incubatore universitario italiano di Torino: Microwaste. Questa nuova realtà  nasce da un’idea di Fabio Desilvestri per risolvere, su scala nazionale e internazionale, il problema dei rifiuti contenenti amianto, in modo ecologico.

La startup converte i rifiuti contenenti amianto in un materiale sicuro mediante impianti mobili, basati su tecnologia a microonde. Il processo di inertizzazione consiste nel riscaldamento ad alte temperature dell'amianto (1000-1500 0C), che ne modifica completamente la sua struttura chimica e lo rende innocuo per l'uomo e l'ambiente. Tale trattamento permette di eliminare completamente la cancerogenicità di questo materiale e si trasforma in Atonit, che, aggiunto al cemento, crea un o speciale composto da costruzione con proprietà simili al cemento pozzolanico. Abbiamo intervistato Fabio Desilvestri, ceo di Microwaste, per conoscere qualche dettaglio in più sulla sua esperienza in campo:

Come è nata l’idea di Microwaste?

Conosco da tempo i problemi generati dall’amianto, sia per esperienza professionale che di volontariato con l’Osservatorio Nazionale Amianto. Casualmente sono entrato in contatto con il Prof. Ryszard Parosa, scienziato polacco, che aveva collaborato allo sviluppo di una tecnologia per il trattamento dell’amianto. Ho quindi proposto a lui e ai suoi soci di occuparmi dell’industrializzazione della tecnologia: ne è rapidamente nata una collaborazione.

Come funziona Microwaste?

Microwaste sviluppa, produce e commercializza macchinari innovativi per il trattamento definitivo dei rifiuti, in particolare quelli contenenti amianto. Il rifiuto, a seguito di un trattamento termico, viene trasformato in materiale inerte. La particolarità del nostro impianto è la sua mobilità: può essere installato presso il cantiere di bonifica, favorendo quindi una filiera corta di smaltimento. La tecnologia è già stata testata all’estero e ne è stata verificata l’efficacia.

Che tipo di percorso avete seguito? (finanziamento, avvio, mantenimento)

La nostra storia è molto breve: ci siamo costituiti nel dicembre 2016. Con il supporto di altri 2 partner finanziatori intendiamo condurre una sperimentazione anche in Italia. La finalità è dimostrare agli Enti italiani l’efficacia del trattamento sul campo, e non a parole.

Da chi siete stati affiancati?

Il supporto principale lo abbiamo ricevuto da I3P, Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino; in particolar modo siamo stati supportati dall’Ing. Leo Italiano, Business Coach presso I3P. La fase di selezione per poter accedere all’Incubatore è stata impegnativa, ma ne è certamente valsa la pena. Altro valido affiancamento è stato ricevuto dal programma “Mentoring for International Growth” della Camera di Commercio di Torino: grazie al loro supporto stiamo lavorando attivamente alla nostra internazionalizzazione.

Qual è stata la parte più difficile da affrontare?

Passare dall’idea al gettare le basi per la sua realizzazione. Si tratta di affrontare un’infinità di aspetti (legali, burocratici, fiscali, notarili, ...) senza però padroneggiarli tutti quanto si vorrebbe. È essenziale quindi avere come supporto un team di consulenti che si occupino prevalentemente di innovazione. 

Che tipo di riscontro avete avuto da parte del pubblico?

Abbiamo avuto davvero un ottimo riscontro, anche perché il problema ambientale è sempre più nella coscienza dei cittadini, per fortuna.

Quale tipo di supporto credete sia opportuno per la prosecuzione di successo di una startup?

Supporto istituzionale relativamente agli aspetti normativi. Può capitare infatti che un determinato progetto innovativo trovi ostacoli a causa di un “grigio” normativo su quella specifica materia, lasciando l’Imprenditore impotente.

Autore

Eleonora Moscara

Eleonora Moscara

Freelance leccese. Inizia a lavorare come giornalista nel 2008 nella redazione tg di un'emittente televisiva locale. Fino ad oggi ha collaborato con diverse testate: dalla carta stampata al web e uffici stampa di vario genere. Si occupa prevalentemente di ambiente e cultura. Scrive sul Nuovo Quotidiano di Puglia e sulla rivista Salento Review. Per Tekneco coordina la redazione web e si occupa della gestione del social media management.

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