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Il valore dell'idroelettrico in Italia

Uno studio di Althesys presentato alla sede del Gse a Roma ha fatto il punto sull'idroelettrico italiano

L'energia dall'acqua è da valorizzare. Questo è in estrema sintesi il concetto base che emerge dallo studio "L'idroelettrico crea valore per l'Italia", presentato da Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys, in occasione di un convegno dedicato agli scenari futuri di questo settore che si è tenuto a Roma presso il Gse. L'idroelettrico, principale fonte rinnovabile in Italia con quasi metà della produzione, è centrale per raggiungere gli obiettivi dell'Unione Europea al 2030, ma per fare ciò è necessario rinnovare un terzo del parco degli impianti italiani per aumentarne le prestazioni e non perdere qualcosa come 6 TW di generazione elettrica rinnovabile .

«Il rialzo dell'asticella al 32% degli obiettivi europei sulle rinnovabili - ha spiegato Marangoni - spinge il nostro Paese ad andare oltre la Sen e a mettere in campo un piano straordinario per le rinnovabili nel prossimo decennio. Anche l'idroelettrico, che vale quasi la metà della produzione da rinnovabili in Italia, è strategico per il mix energetico. Lo studio evidenzia che un impianto idroelettrico su tre dovrà essere rinnovato per non perdere un potenziale di quasi 6.000 MW al 2030. Per questo il nuovo Parlamento è chiamato ora a definire un quadro normativo stabile».

Secondo lo studio, il parco idroelettrico italiano fornisce oggi il 16,5% dell'elettricità nazionale e il 42% di tutte le fonti rinnovabili. Si tratta di una realtà composta da circa 3.700 impianti, per una potenza di 18,5 GWe e una produzione normalizzata di circa 46 TWh/anno. Ed è un patrimonio energetico da rinnovare. Fino ai primi anni del dopoguerra, infatti, erano le centrali idroelettriche a fornire la maggior parte dell'elettricità, prima dell'arrivo termoelettrico e nonostante i cospicui investimenti del passato e la costante manutenzione, l'età media degli impianti e i crescenti vincoli normativi ne limitano oggi lo sviluppo futuro.

I dati parlano chiaro. Solo il 42% della capacità realizzata prima del 1960 è stata ammodernata e ci sono 6,7 GW ancora da rinnovare e potenziare. Gli interventi più semplici, in parte già effettuati, riguardano le turbine e le parti elettromeccaniche, mentre sulle opere bagnate, come la messa in pressione di canali e gallerie, la manutenzione di condotte forzate o la loro sostituzione con diametri maggiori),gli interventi sono più complessi e costosi. Secondo gli operatori, il potenziale da rinnovamento è pari a 1.786 MW al 2020, e potrebbe arrivare fino a 5.772 MW al 2030, con un incremento di produzione di 1 TWh al 2020 e 3,4 TWh al 2030.

E si tratta di un quadro nel quale la politica ha un ruolo chiave. Se non ci saranno interventi del legislatore, infatti, l'attuale incertezza allontanerà potenziali nuovi investimenti, per una cifra che lo studio Althesys stima in 5,5 miliardi di euro: Si tratta di una cifra che nasce dalla differenza tra loscenario "action", che prevede l'introduzione di provvedimenti a sostegno dell'idroelettrico, ed uno "no action", che mantiene il quadro attuale. Tradotto: si rischia di perdere un potenziale produttivo di 10,4 TWh al 2030. Per superare le varie incertezze normative che pesano sull'idroelettrico, lo studio evidenzia la necessità di riconoscere durata e oneri di concessione coerenti con l'entità degli investimenti e con la redditività dell'impianto, ma anche la possibilità di strumenti di sostegno agli investimenti con tariffe dedicate a specifici contingenti e un programma di sostegno di breve durata per il rinnovamento. Tra le proposte avanzate da Althesys c'è anche l'adeguamento della normativa nazionale di sicurezza all'evoluzione tecnologica (IoT e digitale) e la creazione di un mercato dell'accumulo energetico per gli impianti a pompaggio.

Autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983. Il sito web di Sergio Ferraris, giornalista scientifico. 

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