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Psicologi e progettisti uniti per l’edilizia sostenibile

Paola Nicolini, docente di Psicologia, spiega i criteri per creare edifici di qualità e l’utilità di impiegare materiali naturali come il legno e la domotica

Case, scuole, uffici, sono luoghi in cui trascorriamo la maggior parte della nostra vita. Eppure pensiamo che non abbiano alcuna relazione con il nostro comportamento, con il nostro modo di porci con gli altri, con il nostro stesso modo di vivere. Niente di più sbagliato: essi influenzano notevolmente la nostra esistenza. Ed è per questo che chi progetta edifici residenziali, privati e pubblici dovrebbe interagire con gli psicologi. Ne è convinta Paola Nicolini, docente di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione all'Università di Macerata. Ne ha parlato diffusamente n un recente convegno organizzato dall’ateneo maceratese insieme a Federlegno e Fondazione Symbola, intitolato “Il Legno. Nuovo modello di sostenibilità e di economia circolare per gli Appennini”, che ha visto anche la partecipazione di architetti del calibro di Stefano Boeri e di Pippo Ciorra.

Professoressa Nicolini, Come entra o può entrare in gioco la psicologia nella realizzazione di spazi abitativi? E che contributo può offrire all’architettura?

Occorre partire da questo presupposto: le città e gli ambienti sono abitati da persone. E noi psicologi ci occupiamo del loro comportamento, che è una funzione regolata da fattori interdipendenti costituiti dalla personalità dell’individuo e dall’ambiente che lo circonda. Persona e ambiente vanno considerati come un insieme interconnesso che va a formare lo spazio vitale di ogni soggetto. In positivo o in negativo. Pensiamo, per esempio, all’azione punitiva determinata dalla detenzione in prigioni, in cui all’individuo sono tolti aria, luce, spazio; all’opposto, ambienti costruiti per il benessere di norma sono ariosi, luminosi, ampi: qui dovremmo trovare criteri condivisi con gli psicologi, in quanto consapevoli di cosa contribuisce al ben-essere.

Non è un caso se, quando ci sentiamo stanchi o stressati o quando andiamo in vacanza, di norma scegliamo ambienti naturali (mare, montagna, collina) o città d’arte.

Come si coniugano sostenibilità e sicurezza nell’architettura sostenibile?

Il mio intervento al convegno citato rientrava nel discorso più complessivo della ricostruzione delle zone terremotate di cui mi sto occupando, in particolare, degli stabili scolastici. Da qui parte la mia considerazione: ogni scelta operata da un architetto o da un ingegnere dovrebbe tenere conto che quell’habitat che accoglie bambini influirà sulla loro crescita e sul loro futuro. Quindi dovrebbe essere strutturato prevedendo determinate caratteristiche e dimensioni, oltre a essere in armonia con l’ambiente esterno, non prescindendo naturalmente dalla sicurezza. Nel piano d’interventi di ricostruzione post sisma occorre progettare unendo la sostenibilità ambientale ed economica alla sicurezza antisimica, tenendo presenti tutti quei criteri di ben-essere che possano mettere in relazione l’essere umano all’ambiente deputato all’apprendimento in maniera quanto più possibile positiva. Al convegno si è parlato molto dell’utilizzo del legno come materia principe negli ambienti dedicati all’educazione: in psicologia dell’educazione abbiamo sviluppato la tematica delle scuole nel bosco e di come la natura e la trasposizione di elementi naturali all’interno di ambienti artificiali contribuiscano alla loro vitalità e bellezza, oltre alla funzionalità e all’ergonomia, in modo da dialogare con il contesto paesaggistico in cui sono inserite e tali da influenzare positivamente i processi cognitivi, affettivi e sociali che vi si realizzano.

Al convegno lei ha fatto anche riferimento alla bio wellness. Cosa significa e come si applica?

La bio wellness è un criterio che ha a che fare con l’impiego delle tecnologie migliori per portare all’interno delle abitazioni il benessere psicofisico attraverso i materiali naturali. Tra questi è certamente da considerare il legno. È un materiale vivo, in grado di avere un impatto plurisensoriale oltre a garantire criteri di sicurezza, di sostenibilità, offrendo vantaggi negli interventi di ricostruzione. Inoltre è la perfetta applicazione del concetto di biofilia, vale a dire la predisposizione biologica dell’essere umano, fin dalle prime fasi del suo sviluppo, a prediligere le relazioni con il mondo vivente e naturale, essendone a propria volta parte integrante.

Una casa o una scuola ricostruita in legno, se non può essere immersa in un contesto naturale, dovrà avere la possibilità di assumere elementi in grado di offrire benessere. Oltre al legno segnalo anche il sughero, la terra cotta: quest’ultima, abbinata al legno, ha dato prova di stabilità, come testimoniano alcune costruzioni storiche sopravvissute al sisma.

Lei ha parlato anche di architettura come arte biofilica. Come ci si può arrivare a questo fine?

Dialogando in maniera interdisciplinare. Quello che sta accadendo nel Centro Italia a mio avviso è che i progettisti spesso non tengono conto di questi elementi e degli studi di settore. I risultati al momento sono progetti di edifici scolastici certamente sicuri ed ergodinamici, ma non sempre attenti alle funzioni educative che l’ambiente può sprigionare, in quanto contesto di apprendimento e di crescita. L’ambiente, ribadisco, influenza e modella a livello cognitivo, sociale e affettivo le persone che lo abitano. E di questo personalmente sono un po’ preoccupata.

Servirebbero forse spazi diversi rispetto alle aule di 25 mq previste per legge, occorrerebbero anche soluzioni alternative alla consueta sistemazione di banchi e cattedre tipica di una scuola che rimane ancorata al passato e che probabilmente non considerare che le modalità di insegnamento si sono evolute.

Parliamo di abitazioni. Quali sono le caratteristiche imprescindibili per case a misura d’uomo?

Servono acqua, luce, materiali naturali, spazi ampi: sarebbe anche consigliabile prevedere soffitti più alti perché da studi condotti sulla relazione tra prestazioni cognitive e altezza degli ambienti in cui esse avvengono, secondo Joan Meyers-Levy docente di marketing in Minnesota, soggetti in stanze con il soffitto più alto producono soluzioni più astratte e ampie di soggetti che invece elaborano soluzioni allo stesso problema in stanze con soffitti bassi. Questi ultimi, infatti, restano più orientati a risposte di tipo concreto e parcellare. La ricerca suggerisce che un soffitto più alto aiuti a creare “pensieri più alti”, poiché probabilmente il soggetto percepisce una maggiore libertà di movimento, anche dei propri pensieri.

L’Italia conta su 18 milioni di abitazioni che hanno già 40 anni e più e che occorre riqualificare. Come intervenire?

Ci sono soluzioni tecnologiche che possono essere d’aiuto oltre all’adozione di pratiche di riqualificazione attente alla sostenibilità. Nel primo caso la domotica contribuisce sensibilmente: per esempio, stiamo seguendo come università un progetto di dottorato di ricerca Eureka (in collaborazione con un’azienda locale e cofinanziato da Regione Marche e dall’Università di Macerata) mirato allo studio del comportamento umano in situazione naturale in modo che in abitazioni esistenti, con finestre di una determinata dimensione, si possa trovare il modo di adattare la luminosità grazie a sistemi intelligenti, in grado di apprendere le abitudini tipo di chi vive la casa o gli spostamenti dei residenti, contribuendo anche al risparmio energetico e offrendo un aiuto a persone anziane che hanno difficoltà a deambulare. La domotica offre anche soluzioni intelligenti per la termoregolazione.

Autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.

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