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PM 2,5: la metà da edifici e allevamenti intensivi

A sostenerlo uno studio innovativo dell'ISPRA che ribalta la classifica delle fonti più inquinanti
Incidono sull'inquinamento atmosferico più di auto e moto messe insieme. Parliamo degli allevamenti intensivi che, sostiene l'ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), immettono in atmosfera il 15,1% del particolato PM 2,5 presente sul nostro territorio. 
Il PM 2,5 è il tipo di polvere sottile che crea maggiori danni alla salute umana,  per via della sua minuscola dimensione può arrivare a fondo nell’organismo, andando a modificare persino la struttura cellulare.
 
Secondo l'Istituto, la quantità di smog proveniente dagli allevamenti se sommata a quella prodotta dal riscaldamento degli edifici (il 38%) rappresenta, in pratica, più della metà del PM 2,5 nostrano. Una cifra consistente, che può far capire bene come i piccoli provvedimenti, tipo quello del blocco del traffico, servano davvero a poco per migliorare la qualità dell'aria dei nostri centri urbani.
 
Polveri sottili: la differenza tra primarie e secondarie
Per comprendere meglio l’analisi occorre fare chiarezza sul metodo innovativo sviluppato da ISPRA, che in pratica ribalta la classifica dei settori inquinanti. Ispra nel rapporto ha stimato l’impatto delle polveri sottili definite “primarie” e “secondarie".
Se consideriamo solo il PM primario, infatti, la quantità di polveri sottili generate dal comparto degli allevamenti intensivi risulta davvero esigua: circa l'1,5% di tutto il PM 2,5 emesso. 
Una volta che però la polveri "pimarie"  si mischiano con quelle "secondarie", attraverso reazioni chimiche con gli altri gas presenti in atmosfera come l'ammoniaca (NH3, prodotta per il 76,7% proprio dal comparto allevamenti), la quantità di particolato prodotto cresce davvero tanto.
La classifica stilata in base a questa metodologia è quindi la seguente: al primo posto dei "generatori" di PM 2,5, come anticipato precedentemente, troviamo il settore del riscaldamento degli edifici con una quota pari al 38% del totale (grossa parte del particolato scaturisce dalla combustione di legna). 
Al secondo posto troviamo proprio gli allevamenti intensivi con il 15,1%. Seguono l’industria con l'11,1%, i veicoli leggeri come auto e moto con il 9%, i veicoli pesanti come i camion con il 7,1%, il settore agricolo con il 6,7% delle emissioni di PM 2,5, navi e aerei con il 5%, il settore energetico con il 4,8%, e tutte le altre fonti inquinanti che fanno segnare il 3,2% della quota totale.
 
Negli ultimi anni quasi tutti i settori hanno ridotto, chi più e chi meno, le proprie emissioni inquinanti, tranne due: quello degli allevamenti intensivi e quello del riscaldamento degli edfici, loro le hanno aumentate. Motivo per cui risulta ancor più importante lo studio ISPRA. 
È necessario infatti conoscere in modo accurato le fonti dello smog, in modo da interevenire con efficacia, e magari pure tempestivamente. 
Perché i problemi connessi alla qualità dell’aria sono molteplici, si va dai costi sostenuti dal settore sanitario alla diffusione di svariate malattie, fino alle morti premature: quelle per la pessima qualità dell'aria ammontano al 7% di tutte le morti italiane dovute a cause naturali.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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