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Le foreste sono sempre meno “vecchie”

La deforestazione, spinta dall’attività umana e dal cambiamento climatico, modifica l’età media delle piante presenti sul pianeta. Ed è un problema

La deforestazione non conosce sosta. Negli ultimi anni l’attività antropica è stata responsabile della rimozione di oltre 40 campi da calcio di superficie boschiva ogni minuto, come se avessimo perso un’area grande quanto il Regno Unito ogni anno.
Ma questo inarrestabile fenomeno non è responsabile solamente della rimozione di ettari boschivi in giro per il mondo. Contribuisce infatti anche a modificare età e dimensioni medie degli alberi, alterando così “importanti dinamiche forestali”, come suggerisce lo studio pubblicato su Science “Pervasive shifts in forest dynamics in a changing world”.
"Negli ultimi cento anni abbiamo perso molte vecchie foreste - ha dichiarato Nate McDowell del Pacific Northwest National Laboratory, autrice principale dello studio -, sostituite in parte da terreni spogli e in parte da giovani foreste. Un fatto che si ripercuote sulla biodiversità, sull’attività di mitigazione al cambiamento climatico e la silvicoltura. Inoltre il riscaldamento globale sta aggrava ulteriormente la situazione, il futuro del pianeta con meno grandi e vecchie foreste sarà molto diverso da quello a cui siamo abituati”.

Lo studio, a cui hanno preso parte 21 esperti del settore, sostiene infatti che l’attività antropica e le crescenti minacce ambientali, come ondate di calore, siccità, incendi e parassiti (che contribuiscono alla diffusione di nuove malattie pericolose per il buono stato di salute delle piante), mettono in pericolo le grandi foreste del pianeta.
Dall'inizio del secolo, le immagini satellitari e i diversi rapporti sulla deforestazione hanno mostrato una drastica diminuzione dell'età e della statura dei nostri boschi, con un sostanziale aumento della quantità di aree forestali più giovani (quelle con meno di 140 anni). La biomassa vegetale globale di oggi, infatti, rappresenta solo il 50% di quella che c’era in passato.
“Le prove rivelano che è altamente probabile che i tassi di mortalità degli alberi continueranno ad aumentare, mentre la crescita risponderà ai cambiamenti esterni”, si legge nel documento, il quale offre una panoramica sulle ricerche degli ultimi anni. Nel 2012, per esempio, è stato scoperto che la California aveva perso circa il 95% delle sequoie che possedeva in passato, il tutto mentre diminuiva la densità delle grandi foreste in Svezia e si vedevano andare in fumo diverse zone di foresta pluviale brasiliana.
Di questo passo “Vedremo scomparire le nostre foreste dall'oggi al domani - ha detto Michelle Connolly, direttrice di Conservation North -, Siamo di fronte a una crisi ambientale non meno tragica della perdita delle barriere coralline”.

Quando una vecchia foresta viene rimossa, viene rilasciata anche parte della quantità di carbonio che aveva catturato al proprio interno. Se da una parte il cambiamento climatico mette a rischio lo stato di salute di una foresta, dall’altra la perdita di terreno forestale amplifica gli effetti negativi del clima che cambia. Il classico cane che si morde la coda, l’effetto feedback di cui parlano gli scienziati. Per questo motivo, le prossime ricerche proveranno a capire meglio come le minacce ambientali siano capaci di influenzare la sopravvivenza delle piante. Anche perché, quel che sappiamo fino a ora “non promette nulla di buono”, ha concluso Nate McDowell.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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