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In 13 anni persa un’area forestale grande quanto la California

WWF: 43 milioni di ettari forestali persi dal 2004 al 2017, il 45% delle foreste rimaste “in piedi” sono messe a rischio dall’attività antropica

È all'origine della pandemia, è ciò che innesca lo "spillover", il salto di specie compiuto da un virus su cui la comunità scientifica ci aveva messo in guardia, è evidente non le abbiamo dato ascolto. Parliamo del fenomeno della deforestazione che continua a distruggere ecosistemi in giro per il mondo alimentando così da una parte la crisi climatica e, dall’altra, la possibilità di diffusione di nuovi virus e malattie.
Ultimo aggiornamento sul tema arriva dal WWF che nel suo rapporto dal titolo “Fronti di deforestazione: cause e risposte in un mondo che cambia”, reso noto il 13 gennaio, descrive una situazione che sembra proprio esserci sfuggita di mano.
Tra il 2004 e il 2017 circa 43 milioni di ettari boschivi sono stati distrutti, inoltre circa il 45% delle foreste che ancora “restano in piedi” sono sotto minaccia, oggetto di degrado e frammentazione da parte dell’attività antropica. Per fare un confronto, basti pensare che l’Italia si estende per 30 milioni di ettari. In pratica, il 13 anni l’uomo ha ridotto in cenere un’area grande una volta e mezzo l’Italia, pari all’incirca a quella della California.

L’agricoltura resta la prima causa di deforestazione. Per accontentare le richieste che arrivano dal mercato internazionale, ad allevamenti intensivi e alle piantagioni di soia, per citare due esempi, spesso si accompagna la costruzione di nuove reti stradali, altro fattore che contribuisce alla perdita di terreni forestali. Ulteriori impatti sono poi da ricondurre all’attività mineraria, all’aumento degli insediamenti umani e al fenomeno di accaparramento per il possesso di suoli pubblici, quest’ultimo maggiore proprio dove si è in presenza di una governance nazionale debole.
In generale, i 29 Paesi più colpiti dalla deforestazione si trovano in Asia, in America Latina e in Africa. Due gli elementi che destano maggiore preoccupazione alla comunità scientifica. Il primo è che la deforestazione nel tempo non ha subito grosse flessioni, continua infatti a crescere a “ritmi vertiginosi” mettendo a rischio i servizi ecosistemici da cui l’uomo dipende. Il secondo elemento è dato dal luogo in cui il fenomeno si manifesta. Spesso il sovrasfruttamento degli ecosistemi forestali avviene proprio nei luoghi che possiedono un “alto livello di biodiversità” e dove vivono tra le comunità umane più vulnerabili e fragili. È il caso del Cerrado brasiliano: in una zona dove vivono il 5% delle specie animali e vegetali del Pianeta si assiste a una drammatica perdita di terreno boschivo, si parla del 32,8% tra il 2005 e il 2017.

Il rapporto sostiene infine che se vogliamo evitare (anche) future pandemie i governi devono utilizzare contemporaneamente tutte le soluzioni conosciute. Bisogna costruire sia una filiera agricola responsabile e attenta ai diritti delle comunità locali, e sia utilizzare le opportunità offerte da una finanza sostenibile; senza dimenticare che anche i cittadini possono giocare un ruolo chiave in questa triste storia. Grazie infatti a scelte più oculate in fase di acquisto, le persone sono in grado di riorientare le scelte aziendali verso comportamenti più virtuosi.
Le foreste sono determinanti per combattere la crisi climatica e per assicurare il buono stato di salute di tutte le specie viventi, uomo compreso. L’obiettivo “zero deforestation” non è più rimandabile, ricorda ancora una volta il WWF.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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