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Gli Stati Uniti tornano al carbone

Il capo dell'EPA Scott Pruitt ha annunciato di voler smantellare il Clean Power Plan, misura voluta da Obama per favorire la transizione

Ci aveva già provato in passato. Quando, in qualità di avvocato, aveva collaborato con lo stato americano dell’Oklahoma che, insieme ad altri 28 stati (perlopiù repubblicani), aveva chiesto alla Corte Suprema la sospensione del Clean Power Plan. Ma questa volta, Scott Pruitt, diventato nel frattempo capo dell’Agenzia per l’Ambiente (EPA) statunitense, pare proprio avercela fatta.
La guerra al carbone è finita”, ha dichiarato nei giorni scorsi difronte, non a caso, ad un pubblico di minatori riunitisi nella città di Hazard. Per la gioia del presidente Trump che può continuare a smantellare quelle poche misure climatiche difficilmente messe in piedi dal suo predecessore in 8 anni di mandato.

Il Clean Power Plan, fiore all’occhiello della battaglia climatica a stelle e strisce, era stato annunciato in occasione degli Accordi di Parigi proprio per sottolinearne l’importanza e la volontà degli USA di spingere sul fronte emissioni. Emissioni, che va ricordato, vedono gli Stati Uniti essere il responsabile numero 1 per la produzione di CO2 a livello globale, se consideriamo il periodo che va dalla rivoluzione industriale ad oggi.
La misura di Obama intendeva limitare le emissioni di anidride carbonica da parte delle centrali elettriche del 32% rispetto ai livelli del 2005, entro l’anno 2030. Di fianco, venivano concessi incentivi per agevolare gli stati nel processo di transizione che porta dai combustibili fossili alle rinnovabili. Agevolazioni, anch’esse, finite ora nel mirino della coppia Trump-Pruitt che non intende continuare con gli aiuti statali per lo sviluppo dei eolico-fotovoltaico.

La decisione, oltre ad essere in controtendenza con il resto del globo, appare difficile da comprende pure da un punto di vista prettamente economico.
Perché sono proprio i costi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ad essere in discesa sia negli Stati Uniti che in altre zone del mondo. E, anzi, come sottolinea uno studio Lazard di fine 2016, negli Stati Uniti se consideriamo i costi dell’elettricità per MWh generato, questi risultano già più bassi proprio per i progetti legati all’eolico e al fotovoltaico.
Se poi aggiungiamo i costi sociali, cioè quelli generati dalle industrie inquinanti – va ricordato che il carbone rappresenta il modo più “sporco” per produrre energia - che vengono scaricati sulla collettività sotto forma di inquinamento e, quindi, di perdita di benessere, allora la decisione risulta davvero anacronistica.
Perché, se ormai non è più una sorpresa la posizione del governo americano su “il cambiamento climatico è una bufala”, sembra impossibile credere alla scelta di voler puntare su tecnologie del passato, in grado di impattare negativamente sulla qualità delle nostre città, sull’aria che respiriamo, sulla salute delle persone.

Deve essere proprio per questo che iniziano ad inasprirsi i toni della contestazione.
Dura, durissima, ad esempio, la dichiarazione di Greenpeace USA sull’accaduto: “Scott Pruitt è pericoloso, è un ragazzo dei corrotti combustibili fossili, la cui eredità porterà soltanto ad una catastrofica distruzione dell’ambiente. Questo annuncio è l’ultimo e probabilmente il peggior esempio della sua volontà di fare favori all’industria a scapito del popolo americano. Ma quello che sta facendo non sorprende, sta semplicemente utilizzando il suo potere per continuare a fare ciò che aveva iniziato con le corporation – si riferisce a quando Pruitt aveva collaborato con lo Stato dell’Oklahoma per rimuovere il Clean Power Plan – per evitare di farle pagare per il caos climatico. Per colpa sua dovremo lavorare di più per fermare gli effetti del cambiamento climatico. Per fortuna, però, le utility, le città, molte grandi compagnie, e le persone di tutto il mondo si stanno orientando verso le energie rinnovabili”.
Non da meno quella di Sierra Club (l’associazione ambientalista più grande degli USA) che accusa Pruitt di voler proteggere “I suoi sporchi complici dei combustibili fossili, che sono sovvenzionati da decenni a scapito della salute dei nostri figli”. Mentre il direttore dell’associazione Michael Brune afferma: “Con questa notizia, Donald Trump e Scott Pruitt sprofondano nell’infamia per lanciare uno dei peggiori attacchi di sempre alla salute pubblica, al nostro clima e alla sicurezza di ogni comunità negli Stati Uniti”.

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Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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