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Chi sta pagando il conto delle esternalità UE?

L’ultimo rapporto di SDG watch europe mette in mostra gli effetti distorsivi prodotti nel mondo dalle politiche sbagliate dell’Unione europea.

“Who is paying the bill?”, o meglio “Chi sta pagando il conto?”. È il titolo dell’ultimo studio confezionato da SDG Watch Europe, un insieme di organizzazioni che si occupano di monitorare la situazione europea in merito al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, che mette alla luce una serie di impatti negativi creati dalle politiche dell’Unione anche al di fuori dei propri confini.
Il rapporto approfondisce la questione esternalità, si manifestano quando l’attività economica produce un danno che scarica in modo diretto o indiretto sulle spalle dei cittadini (lo sono per esempio le emissioni gas serra e l’inquinamento delle acque), fondamentale per capire le distorsioni del sistema economico, ma di cui o se ne parla troppo poco, o vengono puntualmente ignorate.
“Ovunque volgiate lo sguardo, qualunque dominio politico vi possa interessare: ciò che a prima vista può sembrare parte della politica interna dell'Unione europea si rivela una storia di esternalità, con ricadute che trascendono i confini della politica europea. Esternalità negative di cui dovremmo parlare, invece di ignorarle puntualmente”, si legge infatti nello studio.
Inoltre, l’organizzazione per spiegare meglio la vicenda, individua nelle esternalità un qualcosa che “ha un inizio” (quando ci si appropria delle risorse), “un seguito” (per esempio nel momento che i terreni vengono ipersfrutatti) e “un termine” (la fase dove vengono rilasciati nell’ambiente gli “scarti” di produzione, come gas serra e rifiuti).

Per SDG Watch Europe, in questo modo l’attività politica ed economica dell’Unione incide sulle condizioni di vita anche di persone che vivono fuori dall’Europa, 2in particolare gli effetti si vedono Paesi sottosviluppati”.
Il rapporto, composto da tredici capitoli, descrive una serie di contraddizioni tra cui le “incoerenze per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. Nonostante i passi avanti, infatti, l’Europa è ben lontana dagli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, il documento firmato da 193 Paesi al mondo nel 2015 (Italia compresa) che traccia il sentiero per un mondo sostenibile: le sue politiche e le strategie messe in campo non tengono in considerazione allo stesso modo l’aspetto economico, sociale e ambientale.
Inoltre, “l'impressionante potenza commerciale dell'Ue ha un impatto enorme in tutto il mondo con conseguenti esternalità e costi nascosti che vengono trasferiti altrove, causando anche disuguaglianze. Le importazioni Ue richiedono molta estrazione di materiale fatta da qualche altra parte, ma l'attuale modo di contabilizzare le esternalità nasconde un massiccio trasferimento di danni ambientali fuori dall'Europa”.
Se parliamo di clima ed energia, le decisioni messe in atto non rispecchiano quanto previsto dall’Accordo di Parigi, in questo modo l’Europa da una parte non sviluppa il settore rinnovabile come invece andrebbe fatto, e dall’altra partecipa all’intensificamento del fenomeno del riscaldamento globale, che alimenta il potere distruttivo degli eventi catastrofici.
Infine, c’è ancora tanto da fare per rendere meno diseguale il Continente, dato che all’interno dei Paesi e tra gli stessi, al forbice delle disuguaglianze è ancora troppo ampia.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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