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Fotone da sincrotrone

Una ricerca italiana apre la strada a nuovi materiali per il fotovoltaico

Questa è la risposta a chi afferma che la ricerca di base è poco utile e tutti gli sforzi, e di conseguenza i fondi, dovrebbero andare a quella applicata. Al Cnr, infatti, hanno fatto passi avanti nel campo delle rinnovabili, per ottenere dispositivi sempre più efficienti che possono essere progettati con una nuova tecnica. L'Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), con sede nell'Area Science Park di Trieste, ha dimostrato attraverso un nuovo sistema sperimentale che è possibile usare la luce di sincrotrone -  un acceleratore di particelle circolare e ciclico - per individuare i materiali più efficienti per la realizzazione di celle solari fotovoltaiche. La ricerca, che è stata pubblicata su Communications Physics, è stata effettuata attraverso una collaborazione internazionale con le Università di Trieste, della Danimarca e di Bochum.

«Noi ci siamo occupati soprattutto di mettere a punto un esperimento di tipo pump-probe, in cui cioè si applicano sullo stesso campione due tipi di stimolazione, con l'obiettivo di analizzare le dinamiche elettroniche del sistema. Con un primo impulso laser noi eccitiamo, cioè in qualche modo modifichiamo provvisoriamente il campione, e con il secondo lo misuriamo in un momento in cui il campione non è ancora tornato allo stato fondamentale. La novità dell'esperimento condotto sta nell'utilizzo, come secondo impulso, di raggi X di sincrotrone», spiega Martina Dell'Angela del Cnr-Iom.

L'utilizzo del sincrotrone per questo tipo di esperimenti consente di ottenere informazioni aggiuntive rispetto a quelle fornite da un normale laser. «Le nostre misure, in particolare, servono a identificare quali materiali possano essere utili a costruire celle solari quanto più efficienti possibile. Misurando l'assorbimento dei raggi X dei diversi elementi che compongono i materiali presi in esame è possibile studiare più in dettaglio il trasporto di carica, ossia gli spostamenti delle particelle elettricamente cariche sul substrato, proprietà fondamentale in tutti i dispositivi elettronici», spiega Roberto Costantini, del Cnr-Iom.

Quando viene eccitato un materiale organico, per ogni fotone assorbito si crea quello che viene chiamato "eccitone" che è formato da una coppia interagente di un elettrone e una lacuna, ossia una carica positiva dovuta all'assenza di un elettrone). Una volta creati, questi eccitoni iniziano a muoversi nel materiale stesso e, se vivono abbastanza a lungo, prima di decadere possono venire trasferiti alle interfacce con i materiali vicini. E quindi si genera il flusso d'energia. L'interesse dell'esperimento risiede nell'individuazione delle condizioni in cui il trasferimento di carica è al massimo e ciò determina l'efficienza di un ipotetico dispositivo. In alcuni materiali per un fotone assorbito si possono creare ben due eccitoni, il che sostanzialmente raddoppia la quantità di carica, ossia d'energia, utile per il funzionamento della cella solare.

«In questo studio il materiale usato a campione è molto semplice e già noto in letteratura: il pentacene, costituito da cinque anelli di benzene fusi. - spiegano al Cnr - Ma lo stesso set up sperimentale può e potrà essere usato anche con campioni più complessi, combinando materiali meno conosciuti». In questa maniera si potranno svolgere test rapidi con materiali anche composti, cosa che favorirà la realizzazione di panelli più efficienti, magari con materiali e processi caratterizzati dai costi ridotti.

Autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983. Il sito web di Sergio Ferraris, giornalista scientifico. 

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