Calcestruzzo con fibre di noce di cocco: studiate le proprietà
Con alti e bassi, la domanda mondiale di cemento e calcestruzzo sembrerebbe in aumento. Nel 2017 in Italia si è registrata una crescita media dello +0,5% che, seppur timidamente, ha confermato la ripresa del settore. Nell’ottica di una transizione verso modelli di società sempre più sostenibili, tuttavia, non si può non tener conto che l’industria cementiera è responsabile di circa il 5% di tutte le emissioni globali. Per limitare gli impatti ambientali, il settore delle costruzioni si è da tempo impegnato nel cercare alternative valide e allo stesso tempo sostenibili. In questo senso, l’impiego del guscio di noci di cocco come aggregato per la realizzazione di calcestruzzo ne è un virtuoso esempio. Tuttavia, come il calcestruzzo convenzionale anche quello derivato da noci di cocco presenta resistenza ottimale alla compressione ma bassa alla tensione.
Per risolvere questo deficit e promuovere l’utilizzo di un calcestruzzo più sostenibile i ricercatori dell’Institute of Science and Technology in India hanno studiato le proprietà del calcestruzzo “al cocco” aggiungendo le fibre del guscio di questo frutto tropicale allo scopo di migliorare le prestazioni in termini di durabilità. Assorbimento d’acqua, volume di pori vuoti permeabili, “sorptività”, permeabilità al cloruro e resistenza a elevate temperature, sono state le proprietà analizzate nel corso dello studio. Le fibre di cocco, inoltre, sono state aggiunte anche al calcestruzzo convenzionale al fine realizzare un confronto validante. Prima di procedere alle analisi i campioni realizzati sono stati sottoposti ad un processo tanto comune quanto fondamentale: il curing, ovvero l'insieme degli accorgimenti protettivi a cui deve essere sottoposto il calcestruzzo "immaturo", al fine di mantenerlo caldo e umido impedendo l'evaporazione dell'acqua e prestando particolare attenzione agli agenti esterni impiegati nella fase di maturazione. La stima delle performance di durabilità - spiegano i ricercatori nello studio - è stata condotta in tre differenti condizioni di “curing”: immersione completa in acqua, rivestimento con sacchi di iuta umidi e “no curing” (essiccamento all’aria).
I risultati hanno dimostrato che per il calcestruzzo convenzionale, sia in assenza che in presenza di fibre di cocco, le proprietà “assorbimento d’acqua” e “volume di pori vuoti permeabili” sono migliori nella condizione di curing in immersione in acqua. Mentre, nel caso del calcestruzzo derivato da noci di cocco, con e senza aggiunta di fibre, le migliori performance per le stesse proprietà sono state registrate utilizzando sacchi di iuta umidi per promuovere la “stagionatura” del materiale. Tutti i campioni, inoltre, hanno presentato moderata penetrabilità agli ioni cloruro. Per quel che riguarda la “sorptività”, o meglio la capacità di un mezzo di adsorbire o desorbire un liquido per capillarità, le migliori prestazioni si hanno con l’aggiunta di fibre di cocco al calcestruzzo a base vegetale. Infine, la resistenza alle alte temperature è stata ben tollerata per 2 ore da tutti campioni, garantendo sicurezza se impiegati nelle costruzioni.
“Questo studio - concludono i ricercatori - incoraggia l’idea che, sebbene siano materiali basati sul legno, sia i gusci di noce di cocco sia le fibre possono essere utilizzati nella produzione di calcestruzzo senza alcun tipo di esitazione alla luce delle dimostrate prestazioni in termini di durabilità”.