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Sviluppo: Italia ancora lontana dalla sostenibilità

È quanto emerge dallo studio ASviS che "sfida" sulla sostenibilità la classe politica del post 4 marzo

Bene su educazione, innovazione, salute e parità di genere. Meno su lotta alla povertà e contrasto alla disuguaglianza. È quanto emerge dall’ultima analisi fatta dall’ASviS, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che monitora le prestazioni ambientali, sociali ed economiche del nostro Paese in rapporto al raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, conosciuti anche con il nome di “Agenda 2030”.
“Malgrado i passi avanti compiuti in alcuni campi, l'Italia resta in una condizione di non sostenibilità economica, sociale e ambientale – ha dichiarato il portavoce dell’Alleanza Enrico Giovannini in merito allo studio condotto -. Se i partiti non metteranno lo sviluppo sostenibile al centro della legislatura, le condizioni dell'Italia saranno destinate a peggiorare anche in confronto ad altri paesi”.

L’analisi
Italia non sostenibile. Nonostante gli impegni presi in sede ONU quando, nel settembre del 2015, le Nazioni Unite approvarono l’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile divisa in 17 obiettivi da raggiungere entro l’anno 2030. Dalla lotta alla fame nel mondo a quella ai cambiamenti climatici, dalla creazione di città a misura d’uomo alla difesa della biodiversità degli ecosistemi, senza dimenticare le questioni economiche, energetiche, del lavoro e dei diritti umani.
Gli “SDGs”, così identificati dall’acronimo inglese, sono un piano di sviluppo globale, una visione equa e sostenibile del mondo da realizzare da qui ai prossimi anni.
Ma quali performance registra il nostro Paese su questi temi? Non esaltanti, da quello che si evince dall’ultimo studio condotto dall’Alleanza, pubblicato lo scorso 21 febbraio. 
Sono sei, in particolare, le aree dove la situazione, in base a specifici indicatori di riferimento, viene descritta come “peggiorata” nel periodo che va dal 2010 al 2016. Si tratta di: lotta alla povertà; garanzia di una crescita economica sostenibile e duratura in grado di assicurare un lavoro dignitoso per tutti; contrasto alle disuguaglianze economiche e sociali – dando una nuova lettura al dato fornito dal Ministero del Tesoro: è vero che dal 2014 il reddito disponibile nazionale è aumentato, ma è pur vero che la forbice tra ricchi e poveri si è continuata ad allargare -; gestione dell’acqua e della garanzia di adeguate strutture igienico-sanitarie; sostenibilità delle nostre città; conservazione dell’ecosistema terrestre.
Segni di miglioramento, invece, si registrano per salute, educazione, uguaglianza di genere, innovazione, modelli sostenibili di produzione e di consumo, lotta al cambiamento climatico, cooperazione internazionale. Stabile la situazione per quanto riguarda i settori dell’alimentazione e dell’agricoltura sostenibile, del sistema energetico, della condizione dei mari e la qualità della governance.

ASviS, che proprio in occasione della campagna elettorale, ormai agli sgoccioli, ha lanciato una sfida all’intera classe politica italiana racchiusa in appello programmatico (suddiviso in 10 punti) in grado di consentire al Belpaese di ritornare su un sentiero di sviluppo sostenibile. Perché “la prossima legislatura – si legge sul sito dell’Alleanza - sarà decisiva per cambiare direzione e realizzare un duraturo miglioramento delle condizioni economiche, sociali e ambientali del Paese”.

Di seguito, le 10 proposte fatte dall’ASviS da realizzare nella prossima legislatura, per mettere al centro lo Sviluppo Sostenibile:

  1. Inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, come già fatto da diversi paesi europei.
  2. Dare attuazione a una efficace Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile orientata al pieno raggiungimento dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, da realizzare con un forte coordinamento della Presidenza del Consiglio.
  3. Promuovere la costituzione, all’interno del futuro Parlamento, di un intergruppo per lo sviluppo sostenibile.
  4. Rispettare gli Accordi di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici e ratificare al più presto le convenzioni e i protocolli internazionali già firmati dall’Italia sulle altre tematiche che riguardano lo sviluppo sostenibile.
  5. Trasformare il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile, così da orientare a questo scopo gli investimenti pubblici.
  6. Definire una Strategia nazionale per realizzare un’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile che si affianchi a quella già esistente per le aree interne, rilanciando il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane.
  7. Istituire, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, un organismo permanente per la concertazione con la società civile delle politiche a favore della parità di genere.
  8. Coinvolgere la Conferenza Unificata per coordinare le azioni a favore dello sviluppo sostenibile di competenza dello Stato, delle Regioni e dei Comuni.
  9. Raggiungere entro il 2025 una quota dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo pari allo 0,7% del Reddito Nazionale Lordo, coerentemente con gli impegni assunti dall’Italia di fronte alle Nazioni Unite.
  10. Operare affinché l’Unione Europea metta l’impegno per attuare l’Agenda 2030 al centro della sua nuova strategia di medio termine.

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Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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