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Acqua potabile direttamente dall’atmosfera

Estrarre acqua potabile dall’atmosfera sarà possibile sfruttando sali anidri e luce solare

L’Università di Scienze e Tecnologie dell’Arabia Saudita ha recentemente pubblicato i risultati di una ricerca che permetterebbe l’estrazione di acqua potabile direttamente dall’atmosfera. L’intuizione è nata dalla consapevolezza che il vapore acqueo atmosferico è equivalente ad una quantità di acqua sei volte maggiore di quella contenuta in tutti i fiumi del pianeta. Pertanto, risulta essere una valida ed abbondante risorsa idrica alternativa per la quale è necessario sperimentare delle efficaci modalità di estrazione.

Sono state studiate 14 coppie di sali anidri ed idrati, molecole quindi in grado di assorbire e successivamente rilasciare acqua se sottoposti ad irraggiamento solare. Dispositivi di raccolta dell’acqua a doppio strato contenenti i diversi sali, sono stati realizzati e testati. Il loro funzionamento è semplice: i sali in essi contenuti captano ed assorbono il vapore acqueo atmosferico, l’irradiazione solare facilita poi l’evaporazione dell’acqua assorbita che viene successivamente condensata e raccolta. Il cloruro rameico (CuCl2), il solfato di rame (CuSO4) e il solfato di magnesio (MgSO4) sono i sali che hanno dato i migliori risultati in relazione alle loro capacità di assorbimento e rilascio di acqua e in funzione della loro stabilità chimico-fisica. Questi, sono in grado di rilasciare ad alte temperature una percentuale in peso di acqua per unità di sale superiore al 20% (contenuto d’acqua disponibile, AWC). In particolare, il cloruro rameico è risultato essere idoneo nelle regioni con bassa umidità relativa e forte irradiazione solare (>0.8 kW/m2), come i deserti. I solfati, invece, si prestano meglio in condizioni climatiche opposte, come aree montane o isole. 

“I risultati di questo lavoro mostrano che i sali anidri in combinazione con la luce solare hanno un grande potenziale per raccogliere l’acqua atmosferica e fornire acqua potabile nelle regioni particolarmente aride - concludono i ricercatori – è richiesta, tuttavia, maggiore attenzione alla ricerca per migliorare ulteriormente il contenuto d’acqua disponibile dei sali, l’efficienza energetica fototermica, la condensazione dell’acqua e le prestazioni di raccolta dell’acqua liquida dai dispositivi”.

Studi simili hanno tentato di estrarre acqua dall’atmosfera e, in particolare, dalla nebbia. I risultati che ne sono derivati, sebbene soddisfacenti, hanno richiesto condizioni di umidità relativa praticamente prossime al 100%. Ne consegue che l’applicabilità dei prototipi è limitata a quelle regioni che non versano in condizioni idriche disastrose. Il reale e concreto vantaggio della più recente ricerca è che, sfruttando i sali e la luce solare, è possibile operare anche in condizioni di bassa umidità relativa e forte irradiazione solare, ovvero in regioni desertiche dove la carenza d’acqua è il dramma eco-sociale più rilevante. I bassi costi di applicazione, poi, apporterebbero ulteriori benefici in quelle aree dove l’accessibilità alle risorse idriche superficiali e profonde è limitata, riducendo fortemente le spese economiche necessarie al trasporto dell’acqua su lunga distanza.

Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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