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Cemento autoriparante, il segreto è nei batteri

Grazie alla presenza di batteri geneticamente modificati nasce un cemento “vivo”: forse la soluzione ai danni meteorologici è vicina

Proviene dall’Università di Newcastle la prima sperimentazione che ha impiegato dei batteri geneticamente modificati per realizzare un biocemento innovativo.

Con circa 4.500 milioni di tonnellate prodotte ogni anno, il cemento si attesta tra i materiali da costruzione più utilizzati in assoluto. Tuttavia, sebbene con il perfezionamento tecnologico sia divenuto sempre più resistente e lavorabile, la tendenza a sviluppare crepe in risposta agli eventi meteorologici non ha ancora trovato una soluzione definitiva. 

Dei ricercatori inglesi, guidati dal Dr. Dade-Robertson, hanno messo a punto un possibile rimedio: un cemento combinato con il batterio intestinale Escherichia coli, modificato in modo che risponda alle alterazioni indotte dall’ambiente andando a riparare le crepe nel cemento. Tra gli aspetti più intriganti della ricerca vi è sicuramente l’attivazione di una proteina fluorescente in risposta a dei cambiamenti di pressione. In particolare, quando nel materiale si verificano alterazioni pressorie o movimenti, 122 geni sensibili nel batterio si attivano e inducono la produzione della proteina. Successivamente, il gene che produceva la proteina è stato sostituito con dei geni in grado di produrre sostanze riparanti, come il carbonato di calcio e una colla di zuccheri. Questi geni impiantati nell’Escherichia sono stati ricavati da un altro ceppo batterico, il BacillaFilla, ovvero il protagonista di un’altra ricerca, condotta nella stessa università, che ha ispirato il Dr. Dade-Robertson.

"Tale tecnologia - ha dichiarato il ricercatore - sfiderebbe una nuova generazione di progettisti di ingegneria a pensare a scale multiple molecolari per l'ambiente costruito e ad unificare l'ingegneria civile con le biotecnologie".

I terremoti, anche di lieve entità, rappresentano l’evento che più di tutti mette a dura prova la durabilità del cemento ma non sono i soli a minacciare la stabilità degli edifici. La carbonatazione dovuta all’esposizione alle piogge e l’attacco di sostanze clorurate sono solo altri esempi di eventi che compromettono le proprietà di questo antico materiale. Nemmeno il cemento armato è al sicuro, infatti, questi due processi chimici facilitano l’esposizione delle armature in ferro all’ambiente con conseguente incremento della loro fragilità.

Un biocemento, così come è stato concepito dai ricercatori dell’università di Newcastle, potrebbe rappresentare la svolta definitiva ma sono necessari ulteriori studi prima che possa essere avviata una produzione significativa.

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Autore

Simone Valeri

Simone Valeri

Laureato presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Divulgare, informare e sensibilizzare per infondere consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore ambientale e si dedica alla realizzazione di video-report per raccontare piccole realtà virtuose dedite all'agricoltura sostenibile in Italia. 
 
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