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WWF: continua il declino della fauna selvatica globale

Il Sud America è la zona con le perdite maggiori, l’Europa importa troppe materie prime a rischio

I due terzi della popolazione globale di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci hanno subito gravi perdite negli ultimi 50 anni, secondo il “Living planet report 2020”, e la pandemia rappresenta l’ennesimo “segnale che la natura ci sta inviando, che mette in luce la necessità di vivere in uno spazio operativo sicuro”.
Lo studio restituisce una fotografia sulla situazione in cui versano gli ambienti naturali e dei fattori che contribuiscono al degrado dei nostri ecosistemi. Tra i fattori che hanno inciso maggiormente troviamo il cambio di uso del suolo e il commercio, spesso illecito, di fauna selvatica. Due attività che tra il 1970 e il 2016 hanno fatto sparire buona parte delle specie di vertebrati sul pianeta.

Il rapporto grazie all’uso del “Living planet index” (Lpi), indice che misura la pressione dell’uomo sulla fauna selvatica, mette in mostra come siano Sud America e Africa a registrare un Lpi maggiore, rispettivamente al 94% e al 65%. Seguono Asia meridionale con un Lpi del 45%, America del nord con un Lpi del 33% ed Europa e Asia centrale con un identico Lpi a quota 24%.
Il dato europeo non deve però trarre in inganno, perché lo studio ricorda l’impronta globale dell’Ue è in realtà molto maggiore a causa delle importazioni. Dopo la Cina, l’Europa è infatti il secondo mercato al mondo per le materie prime a rischio forestale, come la soia e la carne bovina.
“Questi risultati sono devastanti, dimostrano che un Pianeta sano è una condizione preliminare per una società umana sana e che il Green deal europeo è più importante che mai - ricorda Ester Asin, direttore dell'ufficio politico europeo del Wwf -. È necessaria un'azione urgente per arrestare e invertire la perdita naturale e affrontare il cambiamento climatico, sia all'interno dell'Ue sia a livello globale”.

L'Lpi, che ha monitorato quasi 21mila popolazioni di oltre 4mila specie di vertebrati, mostra anche che le popolazioni di fauna selvatica che si trovano negli habitat di acqua dolce hanno subito un calo pari all'84%: il calo più netto registrato in qualsiasi altro tipo di bioma (ecosistemi dove comunità animali e vegetali hanno raggiunto una relativa stabilità in relazione alle condizioni ambientali).
Tra le specie in via di estinzione analizzate dal rapporto troviamo il gorilla della pianura orientale della Repubblica democratica del Congo, che ha visto calare il suo Lpi dell’87% tra il 1994 e il 2015, lo storione cinese che, nel fiume Yangtze in Cina ha registrato una produttività calata del 97% tra il 1982 e il 2015, e il pappagallo cenerino del Ghana che tra il 1992 e il 2014 ha subito un calo di popolazione a causa del commercio di uccelli selvatici e del consumo di suolo del 99%.

“Nel mezzo di una pandemia è più importante che mai intraprendere un'azione globale coordinata e senza precedenti per arrestare e invertire la perdita di biodiversità e delle popolazioni di fauna selvatica in tutto il mondo, entro la fine del decennio, per proteggere la nostra salute futura e i mezzi di sussistenza”, sostiene infine Marco Lambertini, direttore generale di Wwf international, “Il Living planet report dimostra chiaramente come la crescente distruzione della natura da parte dell'umanità stia avendo impatti catastrofici non solo sulle popolazioni di fauna selvatica, ma anche sulla salute umana e su tutti gli aspetti della nostra vita. Non possiamo più ignorare questi segnali. Il grave calo delle popolazioni di specie selvatiche ci indica che la natura si sta deteriorando e che il nostro Pianeta ci lancia segnali di allarme rosso sul funzionamento dei sistemi naturali da cui dipendiamo”.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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