ambiente4-1130x300.jpg

Giochiamo al piccolo “Bio-chimico”

Bio-Chemix, la scatola che porta le bioplastiche e le bioraffinerie a scuola. Lo spiega Daniela Raganella, consulente per i rapporti istituzionali e gli eventi di Novamont
  • foto-1

    foto-1

Articolo a firma di Veronica Caciagli

Come nasce l’idea di Novamont di una collaborazione con le scuole? Personalmente ho seguito l’impegno di Novamont nel supportare il laboratorio didattico all’interno di un festival scientifico, il “Perugia Science Fest” del 2012: consisteva nel riprodurre il ciclo del Mater-Bi in modo interattivo, per cui si mostravano le materie prime, le trasformazioni e tutte le fasi fino al processo di “disintegrazione” (un aspetto del compostaggio) delle bioplastiche. L’esperienza è stata successivamente ripetuta in altre occasioni. Parallelamente ho coordinato alcuni progetti che avevano l’obiettivo di far conoscere il mondo delle bioplastiche biodegradabili e compostabili anche nelle scuole, alla quale ha fatto seguito una collaborazione specifica con l’Istituto Tecnico Allievi di Terni. In genere le scuole si affacciano a progetti didattici extracurriculari per integrare, ampliare o magari rendere meno statica l’offerta formativa e didattica, per cui, partendo da queste esperienze e da una riflessione sull’educazione ambientale, è nato il percorso che ha portato a creare un nuovo strumento di comunicazione. Infatti, pensiamo che sia fondamentale insegnare alle nuove generazioni le conoscenze di base della “chimica verde”, una chimica in grado di rispettare l’uomo e l’ambiente. Non a caso la prima bioraffineria in natura è la pianta, che da molecole semplici ed elementari produce molecole estremamente complesse (polimeri naturali) in grado a loro volta di “tornare alla natura”, producendo zero rifiuti, ma anzi nutrendo la terra stessa. E proprio seguendo questo filo logico dei processi naturali che vengono pensate le “bioraffinerie”, ovvero processi industriali in grado di produrre biomolecole e successivamente biopolimeri che potranno poi tornare alla terra, senza arrecare ulteriori danni. Tradurre questi concetti in un’offerta didattica non è semplice! Quali difficoltà si incontrano parlando con gli studenti? I percorsi educativi devono essere strutturati in modo sinergico tra loro, con obiettivi e metodologie di lavoro integrati alla programmazione di base. Inoltre, quando si chiede ad un’azienda di interagire con degli studenti, è necessario prepararsi sul tipo di linguaggio da usare per le diverse classi di età o background formativo (es. licei, professionali, ecc.), altrimenti si rischia di proporre “la stessa Messa” per tutti. Infine, i repentini cambiamenti nella tecnologia, con la loro nuova nomenclatura, sono completamente assenti nel lessico didattico dei programmi tradizionali; diventa essenziale per i cittadini di domani comprendere il significato di termini come “chimica verde”, “bioraffineria” o più semplicemente la differenza tra “biodegradabile” e “compostabile”, tra “plastica” e “bioplastica”, tra “green economy”, “blue economy”, “bio economy” fino al “green washing”. Questo è il primo gradino per passare dal sapere al saper essere e saper fare. Com’è strutturata l’offerta didattica? Il progetto riguarda una serie di esperienze didattiche che illustrano in modo pratico la terminologia sopracitata. L’approccio esperienziale, preso in prestito dalle nuove tecniche di comunicazione scientifica interattiva e usato in tutti i maggiori musei e festival scientifici, è risultato l’elemento chiave e di innovazione, con l’ambizione di unire l’educazione ambientale alla conoscenza tecnico-scientifica. Le prime esperienze hanno riguardato cinque scuole medie e superiori umbre e il laboratorio di scienze sperimentali di Foligno, con il coinvolgimento, in due anni, di almeno 500 studenti. L’esperimento chiave della prima fase del progetto consentiva di riprodurre il “saggio di disintegrazione” degli shopper (e quindi un aspetto della compostabilità del manufatto), imitando in modo molto semplificato quello che succede negli impianti di compostaggio. È molto semplice: basta mettere un pezzetto di film compostabile (shopper, sacco per la raccolta differenziata, ecc) montato in un telaietto da diapositiva, metterlo in stufa tra 40 e 50 °C ed aspettare che il materiale si disintegri. Da questo semplice esperimento i ragazzi hanno potuto notare che solo shopper o altri film con la scritta “Biodegradabile e compostabile certificato a norma EN13432” si disintegravano veramente, mentre gli altri manufatti “biodegradabili”, ma non compostabili, non si sono mai degradati e sono ancora intatti nella terra dopo 2 anni. Recentemente abbiamo creato un nuovo strumento per la didattica: il “Bio-Chemix”, una scatola didattica dedicata alla conoscenza delle bioplastiche e delle bioraffinerie, progettata e realizzata grazie al contributo di Novamont in collaborazione con ARPA Umbria, ITIS Allievi di Terni e Psiquadro. È un piccolo laboratorio-mostra itinerante che servirà alle scuole di ogni ordine e grado (dagli ultimi anni delle elementari fino alle medie e superiori) per comprendere i processi fondamentali della “chimica verde”, una chimica in grado di rispettare l’uomo e l’ambiente. Come può essere utilizzata la scatola Bio-Chemix nelle scuole? Bio-Chemix nasce come un aiuto alla didattica scientifica per tutte le scuole che sempre più si stanno orientando verso l’esplorazione di nuovi strumenti e contenuti in grado di apportare un ampio spettro di valori culturali, etici e ambientali al mero studio dei fenomeni chimico-fisici avulsi dal contatto con quanto ci circonda. Grazie a Bio-Chemix è possibile proporre una serie di attività didattiche modulari intorno all’idea di bioraffineria, con valenza didattica: sono strumenti in grado di favorire l’esplorazione autonoma dei fenomeni da parte degli studenti attraverso oggetti e materiali di uso comune, semplici strumenti da laboratorio ed esperimenti che possono essere utilizzati per uno o più percorsi didattici. Il concept del percorso ricalca e ripercorre il ciclo di vita degli oggetti e prodotti “a basso impatto ambientale”, dalle materie prime ai semilavorati, alle trasformazioni, per concludere con la bio-degradazione e dunque il ritorno alla disponibilità di nuove materie prime. Ogni blocco concettuale è corredato di esperimenti, prove che stimolino l’osservazione e il ragionamento scientifico, schede di approfondimento scientifico e culturale. Chi la può utilizzare, come pensate di ampliare? Al momento la scatola si trova all’interno della biblioteca dell’ARPA, anzi più precisamente si trova nell’esperimentoteca, composta di altre scatole didattiche progettate anni fa da Psiquadro (la società che ha seguito il nostro progetto), nell’ambito del progetto TerniScienza del Comune di Terni e del Progetto “ConoscienzAmbiente” di ARPA Umbria. Anche questo è un modo per far comprendere che la conoscenza è un valore unitario. Chiaramente la scatola è a disposizione di tutte le scuole che la richiederanno, previa disponibilità, e già altri musei/mostre ci hanno chiesto di esportare questo tipo di esperienza.

Sfoglia Tekneco #14