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I rifiuti elettronici nel mondo aumentano a dismisura

Negli ultimi cinque anni gli “e-waste” sono cresciuti del 21%. 53.6 milioni di tonnellate prodotte nel 2019, cifra che nel 2030 potrebbe addirittura raddoppiare

Secondo lo studio “Global E-waste Monitor 2020” pubblicato lo scorso luglio, l’Europa è una delle più grandi produttrici di e-waste (termine con cui vengono identificati i rifiuti elettronici) al mondo con una media annuale di 16.2 chilogrammi per persona, come se ognuno di noi possedesse in pratica circa otto personal computer. In questa classifica seguono Oceania, con 16.1 kg per abitante, e America con 13.3 chilogrammi. Va comunque ricordato che l’Europa resta il luogo sul Pianeta dove la cifra di rifiuti elettronici riciclati tocca la quota più alta: il 42,5% viene smaltito in questo modo.

Nonostante le iniziative portate avanti per valorizzare questa tipologia di rifiuti, delle 53.6 milioni di tonnellate prodotte nel mondo lo scorso anno, cifra aumentata del 21% negli ultimi cinque anni, solo il 17,4 % è entrato effettivamente nella catena del riciclo, mentre la restante parte o è stata ridotta in cenere o addirittura interrata. Una grossa montagna oggetti obsoleti, destinati a una breve vita già in fase di progettazione, composta per esempio da smartphone, televisori e computer, che ogni anno cresce di circa 2.5 milioni di tonnellate, una cifra che si prevede possa raddoppiarsi da qui al 2030.
Ma cosa succede al restante 82.6% di rifiuti elettronici che non vengono riciclati? La maggior parte di questi finisce in vaste distese di terreno, spesso all’aria aperta, senza alcuna copertura o altre protezioni, circondate da semplici recinzioni. Un fattore che genera un grosso danno ambientale, dato che nel corso del tempo questi “eletronic devices” rilasciano sostanze inquinanti e dannose: basti pensare che nel 2019 è stato stimato un rilascio di circa 50 tonnellate di mercurio e 98 milioni di tonnellate di CO2 provenienti da frigoriferi e condizionatori gettati via per strada.

Dal punto di vista economico, invece, il problema si traduce in uno spreco, o meglio, una perdita di miliardi di euro. Gli oggetti abbandonati, infatti, possiedono ancora un “valore intrinseco” dato dai materiali da essi contenuti, tra cui oro, argento rame e platino. Materiali che non vengono estratti e rivalutati in modo corretto, generando un vero e proprio danno economico.  Lo scorso anno il materiale recuperabile dai rifiuti elettronici stimato ammontava a circa 48 miliardi di euro, una cifra più alta del Pil di molte nazioni nel mondo.
Una migliore gestione dei rifiuti elettronici potrebbe, quindi, apportare benefici sia dal punto di vista ambientale e sia dal punto di vista economico, con un significativo risparmio in termini di impiego delle risorse e di emissioni nocive prodotte.

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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