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Greenpeace: le multinazionali continuano a fare business a danno delle foreste

A dispetto delle dichiarazioni degli ultimi anni, il rapporto di Greenpeace presentato durante l’ultimo Consumer Goods Forum conferma che poco o nulla è stato fatto
Il prelievo delle materie prime continua a essere una delle maggiori cause di deforestazione e le grandi aziende, nonostante i proclami, non tengono conto degli impatti sulle foreste.
È quanto sostiene l’associazione ambientalista Greenpeace che, in occasione del vertice mondiale di inizio giugno del Consumer Goods Forum (Vancouver), a cui hanno preso parte i grandi colossi dell’economia mondiale, ha presentato il rapporto “Conto alla rovescia per l’estinzione”. 
Si calcola che dal 2010 al 2020 la superficie forestale persa sarà pari a un’area grande quanto la Spagna. Prendere come riferimento il 2010 non è casuale, è infatti l’anno in cui Greenpeace sottolinea che “le multinazionali attive nel settore alimentare, catene di negozi al dettaglio, catene di fast food, commercianti di materie prime e produttori di carne e latticini, si sono impegnate a eliminare la deforestazione dalla propria filiera entro il 2020, decidendo di optare per l'approvvigionamento responsabile di quelle materie prime particolarmente legate alla distruzione delle foreste. Ovvero: carne, soia, olio di palma, cacao e cellulosa”. 
Ma i dati smentiscono quanto dichiarato dalle aziende e fanno presagire che nulla cambierà nei prossimi anni. Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia, in merito allo studio ha dichiarato: “Invece di discutere su come agire con urgenza per ripulire le proprie catene di approvvigionamento dalla deforestazione, queste multinazionali sembrano solo intenzionate ad aumentare ulteriormente la domanda di materie prime la cui produzione ha gravi impatti sulle foreste del Pianeta”. 
 
Dal 2010 a oggi in Brasile le aree coltivate a soia sono aumentate del 45%, mentre la produzione di olio di palma (l’86% proviene da Indonesia e Malesia) è aumentata del 75%. Inoltre, l'area totale di terreni coperti da piantagioni di cacao in Costa d'Avorio è cresciuta dell'80%. Numeri destinati a ingigantirsi e a creare diversi effetti negativi, come la violazione dei diritti umani, compresi quelli sul lavoro: entro il 2050, la produzione e il consumo globale di carne potrebbero aumentare del 76% e la produzione di soia di circa il 45%, più 60% invece per l’olio di palma.
All’inizio di quest’anno Greenpeace ha chiesto a oltre 50 multinazionali finite nel mirino, tra cui Unilever, Burger King, JBS e Cargill, di rendere conto dei progressi compiuti dal 2010 sull’uso responsabile delle foreste e sui meccanismi di approvvigionamento. Come si riforniscono e chi sono i loro fornitori di carne, soia, latticini, olio di palma, cacao e cellulosa?
L’associazione fa sapere che “nessuna delle aziende chiamate in causa è stata in grado di dimostrare di aver fatto progressi significativi nell’eliminazione della deforestazione dalla propria catena di approvvigionamento”.
 
Anche l’Europa non è esente da colpe. Dallo studio emerge che ogni anno nel Vecchio continente vengono consumati in media 85 chili di carne e 260 chili di prodotti lattiero-caseari procapite: più del doppio della media globale. Inoltre l’Unione è diventata il secondo principale importatore di soia e derivati al mondo, un fattore che rappresenta il principale contributo dell'Ue alla deforestazione globale. Infine, non va dimenticato che sono aumentate le richieste per l’olio di palma: più 40% tra il 2010 e 2017, oltre la metà dell’olio di palma importato in Europa viene utilizzato come biodiesel, in pratica finisce nelle nostre macchine. 
 

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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