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Ecosistemi al limite ma il consumo di risorse continua a crescere

Secondo l'Unep il prelievo di materiale naturale è passato da una quota pari a 27 miliardi di tonnellate negli anni '70 a 92 miliardi di tonnellate del 2017.
Mentre sembra crescere la consapevolezza sui problemi legati alle questioni ambientali, ne è un esempio lo sciopero studentesco del 15 marzo portato avanti da milioni di ragazzi in tutto il mondo, continua l'uso sfrenato di risorse. 
Nonostante lo stato di stress in cui versano i nostri ecosistemi, il prelievo di materiale dalla natura va avanti da diversi decenni ad un ritmo insostenibile. Il sovrasfruttamento delle risorse genera fenomeni indesiderati, pericolosi per il benessere umano, come i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità.
Per fare un punto, cercando di trovare soluzioni virtuose al problema, a Nairobi durante la quarta Assemblea della Nazioni Unite sull'Ambiente è stato presentato il "Global Resources Outlook" 2019, versione aggiornata del documento che analizza il prelievo di materie prime dal capitale naturale, redatto dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).
Secondo il rapporto, che mette sotto la lente d'ingrandimento il consumo di risorse dagli anni '70 a oggi, mentre la popolazione mondiale raddoppiava e il Pil addirittura si quadruplicava, il prelievo di risorse naturali da parte dell'attività antropica è passato da 27 miliardi di tonnellate a 92 miliardi di tonnellate nel 2017.
E con questi trend, la quota è destinata a raddoppiare nel 2060. 
Dagli anni 2000, nonostante le diverse Conferenze sul tema e i tantissimi avvertimenti lanciati dal mondo scientifico, la pressione sulla natura è aumentata in modo costante, pari al 3,2% ogni anno. 
Sebbene il prelievo sia stato traintato e fortificato dagli effetti indesiderati della crescita economica che ha investito i Paesi asiatici, il modello occidentale continua a non rappresentare un prototipo da imitare: ogni persona per portare avanti il proprio stile di vita consuma in media 9,8 tonnellate di beni ambientali ogni anno. 
Inoltre, i beni e i servizi consumati dai Paesi industrializzati spesso provengono da posti lontani, motivo che alimenta ancor di più il degrado degli ecosistemi globali e la produzione di gas climalteranti. 
 
Il rapporto rappresenta una sorta di monito per il mondo politico e i palazzi decisionali di tutto il mondo. Le conseguenze legate all'inazione, sostiene l'Unep, potrebbero essere devastanti. Basti pensare, ad esempio, agli effetti che subirebbe l'ecosistema forestale nel caso non si trovassero strategie comuni di mitigazione all'impatto umano: a questi ritmi rischiamo una riduzione del volume forestale del 10% entro il 2060, innescando così un effetto domino che porterebbe a un aumento delle emissioni gas serra del 43% rispetto ai livelli attuali. 
 

Autore

Ivan Manzo

Ivan Manzo

Laureato in Economia dell'Ambiente e dello Sviluppo e giornalista per Giornalisti nell’Erba. Houston, we have a problem: #climatechange! La sfida è massimizzare il benessere collettivo attraverso la via della sostenibilità in modo da garantire pari benefici tra generazioni presenti e future. Credo che la buona informazione sia la chiave in grado di aprire la porta del cambiamento. Passioni: molte, forse troppe.

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