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C'è ancora una speranza per combattere gli effetti del riscaldamento globale

Nuova ricerca della University East Anglia nel Regno Unito e della Southern University of Science and Technology in Cina

In uno studio pubblicato su Nature Climate Change, un team di ricercatori della University East Anglia nel Regno Unito e della Southern University of Science and Technology in Cina hanno realizzato una nuova ricerca secondo la quale circa un quarto del globo sarebbe a rischio desertificazione se gli sforzi per frenare il riscaldamento globale non riusciranno a raggiungere gli obiettivi fissati dall'accordo di Parigi, ovvero al di sotto dell'1,5° C. “L’aridità sarebbe una vera minaccia per le conseguenze devastanti che porta con sé” spiega Chang-Eui Park, ricercatore presso la Southern University of Science and Technology di Shenzhen,  “agricoltura, qualità dell’acqua, biodiversità o semplicemente la vita delle popolazioni subirebbero degli effetti pericolosi e irreversibili. Siccità e incendi, come quelli che abbiamo visto in California sarebbero solo una minima parte di quello che accadrebbe.” Gli scienziati hanno analizzato ben 27 modelli climatici globali prima di determinare quali regioni del pianeta Terra avranno maggiori probabilità di subire un'aridificazione significativa entro la fine del secolo, il risultato è che se si dovesse raggiungere un aumento di 2° delle temperature globali, superando quindi il tetto dell'accordo di Parigi, quasi il 30% delle terre emerse rischierebbe uno stato di aridità permanente. Ma c’è ancora una speranza, sempre secondo i ricercatori, la riduzione delle emissioni di gas serra per mantenere il riscaldamento tra 1,5 e 2 gradi potrebbe scongiurare un allargamento ampio delle zone aride e rimanendo al di sotto dell'1,5 gradi due terzi delle regioni colpite dall'aridità potrebbe salvarsi.

E l’Italia? Secondo il WWF, circa un quinto del territorio italiano è ritenuto a rischio desertificazione e la siccità che sta prosciugando numerosi bacini idrici "rende necessaria e urgente una reazione operativa" soprattutto in Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia, le regioni più a rischio. Secondo il Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici (Cmcc), l’Italia è un paese già soggetto a stress idrico medio-alto che, inoltre, presenta una forte disomogeneità rispetto alla distribuzione delle risorse idriche e al loro fabbisogno. Entro fine secolo si stimano incrementi di temperature tra 3 e 6 gradi con riduzione delle precipitazioni, soprattutto nei periodi estivi, su un territorio complesso e fragile come quello italiano, questi fenomeni potrebbero portare ad una variazione della frequenza e delle entità di frane, alluvioni e magre dei fiumi, con effetti importanti per l’assetto territoriale e i regimi idrici.